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Installation view of Heinz Mack, Fondation le Corbusier - Maison La Roche, 2025. © Heinz Mack.

Credits Nicolas Brasseur. Courtesy of the Artist and Almine Rech.

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Installation view of Heinz Mack, Fondation le Corbusier - Maison La Roche, 2025. © Heinz Mack.

Credits Nicolas Brasseur. Courtesy of the Artist and Almine Rech.

Abitare la luce: Heinz Mack dialoga con Le Corbusier alla Maison La Roche

La mostra «Heinz Mack – Light as Living Matter» alla Maison La Roche di Parigi (21 ottobre – 20 dicembre 2025) esplora la luce come forza capace di trasformare lo spazio. In dialogo con l’architettura di Le Corbusier, Mack ne fa materia percettiva e spirituale. Dipinti e sculture tra 1995 e 2021 traducono la luce in colore, ritmo ed energia viva

Nicoletta Biglietti

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Luce come materia viva, capace di attivare lo spazio e ridefinirne la percezione. È su questo terreno che si incontrano Heinz Mack e Le Corbusier: due visioni parallele della forma come energia e della luce come architettura. Alla Maison La Roche di Parigi — uno degli edifici manifesto del maestro svizzero — Mack trasforma lo spazio in campo percettivo. La mostra «Heinz Mack – Light as Living Matter», promossa da Almine Rech e dalla Fondation Le Corbusier (21 ottobre – 20 dicembre 2025), mette in dialogo pittura e architettura, luce e struttura, essenzialità e ritmo.

«L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce», scriveva Le Corbusier in Verso un’architettura. E quella luce che aveva plasmato la Maison La Roche, costruita tra il 1923 e il 1925 per il collezionista Raoul La Roche, ne è l’esempio più evidente. Su un lotto stretto e rivolto a nord, Le Corbusier crea un laboratorio di invenzioni spaziali e luminose. All’interno, una hall a tripla altezza riceve la luce in modo indiretto, filtrata dagli ambienti contigui. Una scala nera conduce alla galleria d’arte, dove prende forma la sua «promenade architecturale»: una sequenza fluida di spazi e livelli culminante nella biblioteca. La luce modella volumi e superfici, mentre il colore diventa parte strutturale del progetto. «L’interno deve essere bianco, ma per apprezzare il bianco serve una policromia ben regolata», annotava l’architetto.

Così, le pareti in ombra si tingono di blu chiaro, quelle esposte al sole di rosso; un volume scompare in ocra naturale, una rampa si accende di dramma cromatico. Luce, purezza e colore: un linguaggio architettonico che Mack, decenni dopo, tradurrà in pittura. Ma tutto comincia nel 1957, quando Heinz Mack e Otto Piene invocano una nuova arte capace di rinascere dalle macerie del dopoguerra. È l’origine del movimento internazionale ZERO, nato come rivista, manifesto e gruppo aperto, privo di gerarchie. Il termine “Zero” rimanda al momento iniziale dopo il conto alla rovescia di un razzo — simbolo di un nuovo inizio, dell’ottimismo spaziale contrapposto all’oscurità del totalitarismo. Per Mack e Piene, quel “punto zero” rappresenta la possibilità di ripartire da capo in una Germania culturalmente svuotata, in un’epoca segnata dalla ricostruzione e dal Wirtschaftswunder, il «miracolo economico» tedesco. Fu allora che la luce, il fuoco e l’aria divennero materiali artistici: nuove «materie prime» di una speranza collettiva. A ZERO si unirono presto artisti italiani come Castellani, Bonalumi, Nanda Vigo e Manzoni, e francesi come Yves Klein, Bernard Aubertin e Jean Tinguely. Il gruppo divenne una costellazione internazionale in cui la luce, il movimento e la pittura monocromatica ridefinivano i confini tra pittura e scultura. Gli artisti ZERO giocavano con chiodi, rilievi e superfici scanalate per modulare le ombre e sfidare la percezione. Puntavano a una nuova armonia tra uomo, natura e tecnologia, rifiutando ogni segno individuale e celebrando la purezza del bianco. Eppure non mancarono esperimenti cromatici: rossi, blu, gialli, neri e ori vibravano in dialogo con materiali quotidiani — piume, cotone, monete, pneumatici, casse di birra — o addirittura con il fuoco, il fumo e il movimento meccanico. Heinz Mack, che rappresentò la Germania alla 35ª Biennale di Venezia e più tardi installò una grande opera nella Chiesa di San Giorgio Maggiore per la Biennale Architettura del 2014, resta uno dei protagonisti assoluti di quella ricerca.

Installation view of Heinz Mack, Fondation le Corbusier. Maison La Roche, 2025. © Heinz Mack. Credits Nicolas Brasseur. Courtesy of the Artist and Almine Rech.

Come per Le Corbusier, anche per Mack la luce è una materia pensante, e non un semplice fenomeno ottico. «La luce non illumina soltanto: pensa, vibra, respira nello spazio», afferma, sintetizzando il cuore della sua ricerca. Dai primi esperimenti in bianco e nero fino alle opere più recenti, Mack esplora la soglia tra luce e ombra -- punto in cui la visione si forma e si trasforma. Non dipinge con la luce, ma attraverso la luce: la fa reagire con materiali e superfici, la induce a muoversi, a respirare nello spazio.

La mostra alla Maison La Roche si concentra sulle opere realizzate tra il 1995 e il 2021 — dipinti e sculture in cui la luce attraversa elementi e sostanze, sollecita materiali e forme, e genera una dialettica continua con lo spazio e con lo sguardo. Le superfici, stratificate o giustapposte, articolano la spazialità della forma in nuove armonie tonali. La purezza del colore si traduce in vibrazioni continue. Un colore senza limiti che dispiega la propria fisicità e invita a un’esperienza cromatica totale e immersiva. Nelle Chromatische Konstellationen, serie che Mack sviluppa dagli anni Novanta, il colore diventa sostanza viva, campo energetico in espansione. Qui la luce non è «semplice» riflesso ma principio costruttivo: struttura lo spazio, plasma la visione, ne fa esperienza fisica e mentale. Le «costellazioni» non rimandano più al gruppo ZERO, ma a un universo autonomo, fatto di relazioni cromatiche, pulsazioni e microstrutture che variano in modo metamorfico, testimoniando la coerenza di una ricerca maturata nel tempo.

In Mack, la luce respira, pulsa, attraversa la materia per rivelare la verità sensibile del mondo. È un linguaggio poetico e al tempo stesso rigoroso, in cui arte e pensiero coincidono. Con i suoi lavori, l’artista distilla l’essenza più pura del fattore luminoso, animandolo in opere che non rappresentano la luce — la sono: la incarnano nel suo rapporto profondo con spazio, tempo ed esistenza. È in questo respiro che il dialogo con Le Corbusier si compie: nella luce come principio architettonico e spirituale. Forma e visione insieme.

Installation view of Heinz Mack, Fondation le Corbusier. Maison La Roche, 2025. © Heinz Mack. Credits Nicolas Brasseur. Courtesy of the Artist and Almine Rech.

Nicoletta Biglietti, 09 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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