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«Ritratto di Jean Marais» di Raymond Voinquel (particolare). Cortesia della galleria

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«Ritratto di Jean Marais» di Raymond Voinquel (particolare). Cortesia della galleria

A Parigi c’è nudo e nudo

La Galleria David Guiraud inaugura un’esplorazione pluriennale sulla rappresentazione maschile nella fotografia

Anna Aglietta

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Scolpito nel marmo, dipinto su una tela o ceramica, stampato in grande formato per le pareti una galleria o sulle pagine patinate di una rivista, il corpo maschile ha sempre occupato un ruolo di primo piano nell’arte occidentale e, dalla sua invenzione, nella fotografa. Eppure, in pochi ne hanno studiato e contestualizzato l’evoluzione nell’arte fotografica.

Secondo David Guiraud, «ci sono stati molti libri e mostre sul nudo maschile, ma non sono assolutamente precisi e sorvolano l’argomento, senza riflettere in profondità su ciò che mostrano». Guiraud, che nel 2007 ha fondato l’omonima galleria a Parigi, si è quindi proposto di rimediare a questa lacuna attraverso un ambizioso progetto, «Le corps masculin en photographie». Declinato sui prossimi due o tre anni, questo programma ha l’obiettivo di permettere, grazie all’attenta classificazione delle immagini, «di comprendere l’origine della loro creazione, di individuare una logica storica e montare una cronologia, seguendo la loro evoluzione nel tempo». Quest’autunno ha già avuto luogo la prima di una serie di esposizioni consacrate al soggetto, e una seconda è già in programma, tra maggio e giugno 2024 (entrambe sono accompagnate da un catalogo dettagliato).

Presentate in ordine cronologico, le otto mostre sono strutturate secondo altrettanti temi, che Guiraud ha selezionato basandosi sul contesto storico e artistico delle fotografie presenti sul mercato. Le prime due mostre sono così dedicate alle immagini nel XIX secolo ed esplorano i quattro filoni presenti all’epoca: «Non esistevano allora degli artisti che creavano per il piacere di riprodurre il nudo maschile, firmando le loro opere», afferma Guiraud. In effetti, all’epoca, spiega il gallerista, il nudo maschile veniva riprodotto per scopi specifici e, in particolare, a fini accademici (nelle scuole d’arte visiva), erotici, pornografici, o sportivi.
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Questi temi continuano poi nel secolo successivo, ma con una valenza artistica e sociale che diventa sempre più presente. «L’evoluzione della fotografia di nudo maschile nel XX secolo ha un doppio senso», racconta Guiraud. Da un lato, «c’è sempre la volontà di mostrare l’uomo, in continuità con i temi del secolo precedente»; la fotografia sportiva, intesa come rappresentazione di un corpo ideale e perfetto, muscoloso e in forma, è particolarmente in voga, in un secolo in cui la prestanza fisica è legata inesorabilmente all’idea di successo militare. Ma le immagini di nudo maschile diventano anche «un modo per la comunità omosessuale di potersi esprimere e comunicare», offrendo un «ossigeno essenziale» agli artisti Lgbtq+.

Quest’evoluzione sarà analizzata dalla galleria nelle prossime sei mostre, che avranno luogo tra l’autunno 2024 e il 2026 (le date sono ancora da confermare). Si inizia con una panoramica dell’«American Physique Photography», dedicata al culturismo e al bodybuilding, focus per eccellenza quando si parla di nudo maschile nella prima parte del Novecento, per continuare poi con tre mostre antologiche, incentrate sul lavoro di tre artisti: gli americani Bruce Bellas e Danny Fitzgerald e il francese Raymond Voinquel.

Infine, vengono proposte due collettive che riuniscono artisti che si sono distinti per il trattamento del corpo maschile nelle loro opere: una prima parte si concentra sulla prima metà del XX secolo, con esponenti del Pittorialismo, quali F. Holland Day o Wilhelm von Gloeden, e del Modernismo, come Ralph Steiner e Herbert List. La seconda copre invece il periodo dal 1945 al 1990, in cui spiccano nomi come Robert Mapplethorpe o Horst P. Horst.

Anna Aglietta, 27 dicembre 2023 | © Riproduzione riservata

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