Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliPalazzo Boncompagni, in pieno centro storico, inizia a essere «riconoscibile» per le mostre che da un triennio ospita, ma forse il pubblico non ha ancora la percezione completa di quel che l’edificio rappresenta nella storia non solo bolognese bensì addirittura del papato. In questo luogo infatti visse e si formò il cardinale bolognese Ugo Boncompagni (1501/02-85), fino a quando il 13 maggio 1572 divenne papa come Gregorio XIII: una figura storica per la riforma cattolica e per avere fondato la Congregazione dei greci cattolici di rito bizantino, i collegi greco, inglese, maronita, l’Accademia dei Sartori, nonché per avere istituito nel 1582 il calendario che da lui prende il nome, oggi adottato da quasi tutti i Paesi del mondo perché ha «corretto» il precedente calendario giuliano romano.
Il regno di Gregorio XIII, peraltro cugino di un nume tutelare della cultura e scienza bolognesi come Ulisse Aldrovandi (1522-1605), fu però caratterizzato anche da ombre al fianco delle luci: ad esempio, dopo avere fondato nel 1577 il Collegio dei Neofiti per l’educazione cristiana degli ebrei che volevano abbandonare la loro religione, a partire dal 28 febbraio 1581 dispose il divieto ai medici ebrei di curare pazienti cristiani. Palazzo Boncompagni, rimase agli eredi del pontefice sino alla fine del ’800, quando l’edificio passò a Ignazio Benelli, fondatore della Bonifica Renana di Bologna, e ai suoi eredi che ancora ne reggono le sorti.
Dall’1 febbraio al 7 aprile ospita la mostra «Mimmo Paladino nel Palazzo del Papa», a cura di Silvia Evangelisti. Abbiamo chiesto all’attuale «capofamiglia» Paola Pizzighini Benelli, ingegnere di formazione, quale sarà il futuro del Palazzo e come verrà trasformato in senso artistico un altro importante luogo bolognese di sua proprietà, Galleria Cavour 1959, realizzata poco dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale grazie a un’intuizione urbanistica di Giorgio Pizzighini, con l’intento di connettere le quattro piazze storiche (Maggiore, Minghetti, Galvani e Cavour) attraverso un percorso pedonale coperto.
Paola Pizzighini Benelli, che cosa troveranno i visitatori nella sua mostra di Paladino?
Dopo le mostre che avevamo dedicato a Michelangelo Pistoletto, Marino Marini e Aldo Mondino, abbiamo scelto ancora l’arte contemporanea per questo spazio cinquecentesco dove dimorò papa Gregorio XIII. Il fulcro dell’esposizione è nella celebre Sala delle Udienze papali, con affreschi dedicati alle cinque storie del giovane Davide narrate nel libro biblico del profeta Samuele, attribuiti all’ambito di Pellegrino Tibaldi (1527-96): qui al centro è allestita una monumentale installazione composta da 12 cavalli neri in vetroresina. Vengono in mente a questo proposito le parole dell’artista stesso su questo soggetto: «Non vedete il nero dei cavalli come un aspetto negativo, ma bensì il nero è energia. E poi chi meglio di un cavallo imbizzarrito può uscire da questa grande nebbia buia?». Al salone i visitatori accederanno dalla loggia coperta dove sono collocate due alte e ieratiche figure di «Guerrieri».
Quali altri lavori vanno segnalati?
Il percorso è composto anche da un’altra installazione con sette personaggi-ideogrammi di «Respiro» del 1995, nonché da un grande Elmo di bronzo scolpito nel 1998, solcato da segni arcani, numeri, labirinti. Presenti anche vari dipinti tra cui il nucleo di sei «Madonne nere» del 2023 prestati dalla Galleria Mazzoli di Modena.
Come immagina il futuro di Palazzo Boncompagni oltre a mostre e visite guidate?
Esattamente due anni fa abbiamo costituito una fondazione, presieduta dalla sottoscritta, che si occupa con personale specializzato delle attività di valorizzazione e restauro del sito: questi ultimi lavori erano partiti nel 2008 con mio marito Andrea Pizzighini Benelli e ora con i miei figli proseguo anche in sua memoria. Il nostro edificio storico, oltre alla Sala del Papa e a una quadreria al piano nobile che presto renderemo visitabile nella parte che comprende la sala del Settecento con dipinti che rievocano le vicende di papa Boncompagni, i suoi incontri, gli studi per la riforma del calendario, la creazione di un istituto come il Monte del Matrimonio, ancora esistente, contiene anche altro. Stiamo lavorando per rendere presto visibile il giardino interno, mentre è da poco visitabile un ulteriore capolavoro: si tratta della cinquecentesca scala elicoidale del Vignola, attribuita all’architetto Jacopo Barozzi (1507-73), ispirata ai modelli del Bramante in Vaticano e di Palazzo Farnese di Caprarola dello stesso Vignola. Abbiamo ultimato il restauro, tanto che l’opera si può già visitare, e di recente è stato riportato alla luce, sulla parete della scala, un marmorino madreperlato settecentesco che la rende simile a una conchiglia. In generale l’intento è di far conoscere sempre più questo palazzo che ha oltre 450 anni di vita, con iniziative rivolte a ogni età, a partire dai bambini.
Lei si occupa anche di Galleria Cavour 1959, anche qui arte contemporanea.
Sì, in questo palazzo razionalista, progettato dall’ingegner Pizzighini, incastonato tra l’Archiginnasio e il Museo Archeologico, e visitato ogni anno da 2,5 milioni di persone, a parte l’attività commerciale di prestigio attivata dal 1959, è di casa anche l’arte. Era qui, infatti, la prima sede della Galleria de’ Foscherari, nella quale venne presentata la prima mostra di Arte povera di Michelangelo Pistoletto. Di recente nella parte che afferisce alla mia famiglia stiamo presentando giovani artisti, ma temporaneamente anche il «Terzo Paradiso» proprio di Pistoletto. Inoltre, sulla parete esterna della Galleria, fino all’8 febbraio è visibile l’installazione luminosa «Care when/ they don’t/ Chase a dream/ Love beyond/ Stay strong/ Live free/ I’ll be here/ any time» del milanese Pietro Terzini, che invita a prendersi cura dell’altro anche se non c’è reciprocità, a inseguire i propri sogni, a essere forti e ad amare e vivere liberi. L’opera di Terzini ci porta a guardare alla Galleria letteralmente con nuova luce, ridonando importanza all’accesso dal Pavaglione, il più importante e il più fortemente voluto da Pizzighini. Di recente qui abbiamo realizzato una mostra dedicata agli abiti storici di Cecilia Matteucci Lavarini e la rassegna «Bologna Modernissima» di Flavio Favelli. Infine, in Palazzo Boncompagni abbiamo in residenza due artiste, Ester Grossi e Amalia Mora, che nel 2023 hanno realizzato 12 immagini inedite, una per ogni mese dell’anno, ispirate alla capacità di innovazione della Galleria.
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