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Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliUn continuum di forme antropomorfe incastrate le une nelle altre che si eleva di poco più di due metri al di sopra della linea di orizzonte nel campo polacco di Auschwitz-Birkenau. Solo la lastra squadrata di granito nero, al cui centro appare il triangolo, emblema dei prigionieri politici, raggiunge un’altezza di 4,50 metri. È l’opera monumentale realizzata dal gruppo guidato da Pietro Cascella e Giorgio Simoncini come memoriale al crimine e all’orrore nel campo di concentramento e sterminio nazista, la cui liberazione a opera dell’esercito sovietico è avvenuta esattamente 70 anni fa.
La realizzazione di un monumento nel campo di Birkenau fu oggetto di un concorso promosso nel luglio del 1957 dal Comitato Internazionale di Auschwitz con sede a Parigi. Ne facevano parte importanti personalità della cultura europea, da Carlo Levi a Dmitri Shostakovich e Pablo Casals. Il concorso ebbe una grande risonanza, richiamando 685 tra architetti e scultori, da 36 diversi Paesi, per un totale di 426 progetti. La giuria era guidata dallo scultore britannico Henry Moore, poi sostituito dal critico e storico dell’arte Lionello Venturi. A loro si dovette nel 1958 la scelta di sette progetti (tre italiani: Andrea e Pietro Cascella con Julio Lafuente; Marcello Mascherini e Roberto Costa; Pericle Fazzini con Simoncini e altri), poi ridotti a tre, fino alla decisione, nel 1959, di richiedere un progetto unitario alla terna di selezionati, coordinati da Oskar Hansen. Rifiutato però dal Comitato internazionale, l’iter riprese nel 1961 grazie al sostegno del Ministero della Cultura polacco e con una sempre più tiepida partecipazione, anche finanziaria, dei Paesi occidentali. Italia compresa.
Nuovi erano i gruppi, completamente nuove le soluzioni allora presentate. Dopo l’abbandono di Andrea Cascella e di Lafuente, il progetto vincitore risultò quello elaborato da Pietro Cascella e dall’architetto Giorgio Simoncini (che nel 2012 ha raccontato l’intera vicenda nel bel volume di Jaca Book «La memoria di Auschwitz. Storia di un monumento 1957-1967»). All’opera parteciparono anche Jerzy Jarnuskiewic e Julian Palka, direttori dei lavori rispettivamente per l’architettura e per la scultura, oltre agli architetti Tommaso Valle e Maurizio Vitale. Il monumento, avviato nel giugno 1965, fu finalmente inaugurato il 16 aprile 1967.
Si è trattato di una «memorial competition» di enorme complessità, in cui le ragioni dell’arte si sono scontrate con quelle della politica internazionale nel pieno della guerra fredda e in cui le esigenze della memoria, della sua conservazione e del rispetto delle permanenze ambientali ha trovato radici, attriti e forza nella verità storica, non sempre unica e condivisa. Henry Moore, allora presidente della giuria, aveva colto uno dei nodi problematici dell’intera operazione, una difficoltà che era parsa da subito quasi insormontabile: «Come è possibile pensare a un’opera d’arte che possa materializzare le emozioni suscitate da Auschwitz?», scriveva. Pietro Cascella ha risposto con un ammasso di blocchi di pietra sbozzati, memori di sepolture arcaiche, quasi tombe in rovina. Un’allusione di desolazione, etica e paesaggistica, dell’incubo dei forni del campo inaugurato nel 1940 nella cittadina polacca di Oswiecim. Allora era abitata per la gran parte da ebrei.
Pietro Cascella e il monumento nelle immagini qui pubblicate per gentile concessione della vedova, la scultrice Cordelia von den Steinen, in ricordo del 70mo anniversario della liberazione del Konzentrationslager di Auschwitz, il 27 gennaio 1945. Dal 1979 è Patrimonio dell’Umanità Unesco.
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