Vezzoli tra assemblaggi, rimandi e citazioni fiorentine

Dopo gli interventi di Jan Fabre, Urs Fisher, Jeff Koons e Giuseppe Penone, adesso è la volta dell'artista italiano tra Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio

Francesco Vezzoli fotografato da Mimmo Jodice
Laura Lombardi |  | Firenze

Continuano le proposte di dialogo tra arte contemporanea e città già sperimentate con gli interventi di Jan Fabre, Urs Fisher, Jeff Koons e Giuseppe Penone: dal 2 ottobre è la volta di «Francesco Vezzoli in Florence» a cura di Cristiana Perrella e Sergio Risaliti progetto che vede uniti il Museo Novecento di Firenze e il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (dove a febbraio sarà una mostra di Vezzoli) per un’opera site specific per piazza della Signoria.

La proposta di Vezzoli ben si confà a quel pastiche di diverse epoche artistiche ricorrenti nei suoi lavori: così, un leone rampante novecentesco, installato su un basamento antico, stritola tra le fauci una testa romana del II secolo d.C, mentre a Palazzo Vecchio, nello Studiolo di Francesco I de’ Medici, su una figura di togato romana è innestata una testa «metafisica» di bronzo, citazione de «Gli archeologi» di de Chirico.

Gli assemblaggi di Vezzoli hanno una lunga tradizione, se i pensa ad opere quali il «Ganimede» di Benvenuto Cellini, frutto della ricomposizione di parti di una scultura antica, ma rispetto a quegli interventi che tendevano a integrazioni armoniche giocano invece sull’ibridazione inquietante, sul collage linguistico che rigenera le forme delle tradizione dando vita a nuovi significati intorno all’identità, all’autorialità, al rapporto memoria-invenzione.

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