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Veneti febbrili e febbricitanti

Guglielmo Gigliotti

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Emilio Vedova (con inediti parigini) insieme ai compagni di strada Afro, Santomaso e Tancredi 

Alla Galleria d’Arte Cinquantasei, la mostra «Vedova e l’informale veneto» illustra una delle stagioni più vive della pittura, e non solo di quella regione.

Dal 28 febbraio al 26 aprile, per la cura di Alan Serri (e con i testi in catalogo di Maria Stella Margozzi e Claudio Spadoni), opere realizzate da Emilio Vedova tra il 1948 e gli anni Sessanta sono presentate insieme ad altre dipinte nello stesso arco di tempo da Afro, Santomaso e Tancredi. In tutto 45 dipinti di artisti accomunati dalla provenienza territoriale (anche se Afro era nato a Udine) e dalla fiducia nella potenza di una pittura sontuosa ed energetica, nel segno dell’Informale.

Tra le grandi tele di Vedova esposte, come  «Anime prigioniere» del 1951, «Miniera» del ’52, «Risposta a Burano» del ’53 e «Intolleranza» del ’60, figurano anche sette tele di un ciclo di dieci di piccole dimensioni (tutte 33x24 cm) realizzate a Parigi nel 1951, quando l’artista fu costretto da un attacco febbrile in una stanza d’albergo. Solo alcune di queste vennero esposte alla Biennale di Venezia del 1956; tutte le altre sono inedite.

Si tratta di autentiche  chicche di una pittura che proprio in quel periodo stava abbandonando la struttura a incastri geometrici di ispirazione neocubista per addentrarsi in un’imperiosa gestualità, propria del Vedova più libero e maturo. Il titolo del ciclo, «Diario di Parigi», anticipa, nel riferimento intimistico, quello del ciclo «Assurdo diario berlinese» del ’64.

A unire Tancredi a Vedova ci fu una grande amicizia; con Afro e Santomaso vi fu anche la militanza sulle barricate dell’arte in nome dell’Astrattismo, in contrasto con quella figurativa, culminata nella costituzione nel 1952 del Gruppo degli Otto, assieme a Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti e Turcato, sotto la guida di Lionello Venturi. 

Guglielmo Gigliotti, 10 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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