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Una tecnica che merita di non essere toccata

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Laura Lombardi

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La tavola Martelli con «L’Annunciazione» di Filippo Lippi  è tornata in San Lorenzo al termine di un restauro iniziato nel novembre 2014, promosso e finanziato dall’Associazione non profit Friends of Florence e realizzato da Lucia Biondi e, per la parte lignea, da Roberto Buda sotto la direzione di Monica Bietti. La tecnica esecutiva è stata chiarita dalle indagini diagnostiche che hanno visto il coinvolgimento dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dell’Istituto Nazionale di Ottica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Firenze e di Ottaviano Caruso. 

Il restauro ha anche riacceso il dibattito sulla storia del dipinto, la sua iconografia e committenza, tutti temi cui sarà dedicato un convegno di studi nel 2017. Fin dagli inizi del Cinquecento le fonti concordano nel descrivere la tavola di Filippo Lippi situata nella Cappella degli Operai, poi dei Martelli: i tre stemmi al centro della volta della cappella sarebbero quelli delle famiglie Taddei, Aldobrandini e Martelli che nei tempi del rinnovamento della chiesa ne erano appunto gli Operai. Tuttavia un interrogativo fondamentale emerso dal restauro è la ragione per la quale «L’Annunciazione», la cui scena è concepita secondo una prospettiva unitaria, sia in realtà divisa al centro, composta da due scomparti separati e quindi soggetti nel tempo a diversa conservazione. 

Le due tavole, tratte presumibilmente da uno stesso tronco di pioppo, sono a loro volta composte da due assi connesse tramite una serie di chiodi e farfalle antiche. L’ipotesi che «L’Annunciazione» potesse costituire due ante d’organo o di armadio cade di fronte all’assenza di manomissioni e/o cambiamenti del supporto; inoltre la tavola rientra in una cornice, sì ridipinta nell’Ottocento, ma antica, con tracce d’oro originali (Christa Gardner von Teuffel afferma addirittura si tratti dell’unico dipinto quattrocentesco ancora in chiesa recante la cornice originale, secondo le indicazioni brunelleschiane); perfino la predella, eseguita da un’unica asse con le tre scene di San Nicolò, è parte solidale con il resto della cornice. Questi dubbi non possono trovar facile risposta, data la mancanza di documenti riferiti alla committenza specifica dell’opera, che la critica assegna a Niccolò Martelli, uno dei patrocinatori della ricostruzione della basilica laurenziana e strettamente legato alla famiglia Medici. Il nome di Niccolò trova però ostacolo nella datazione generalmente riconosciuta alla tavola, cioè fra la fine del terzo decennio e gli inizi del quarto decennio, essendo questi morto nel 1425; tuttavia Niccolò, come si legge nelle notizie storiche della famiglia, lascia l’obbligo di compimento della sua cappella ai figli.

Tra i restauri cui la pala è stata sottoposta, quello condotto tra il 1911 e il 1916 da Fabrizio Lucarini è stato causa di numerosi distacchi e sollevamenti del colore provocati dalla manomissione del supporto con l’applicazione di traverse in metallo, rivelatesi nel tempo troppo rigide. Le traverse sono state dunque sostituite con altre in legno più elastiche e opportunamente calibrate. Lucia Biondi ha condotto poi la campagna di fermature del colore e le successive operazioni di restauro della superficie dipinta. La vernice protettiva e i ritocchi del vecchio restauro, vistosamente scuriti, offuscavano l’impeccabile pittura di Lippi, il quale, nota la Biondi era «in grado di padroneggiare la tecnica tradizionale di pittura a base di tempera d’uovo ottenendo effetti di trasparenza e intensità cromatica inusitati». Una tecnica così preziosa e particolare tale da richiedere «la tendenza a limitare il più possibile il nostro intervento». L’esito del restauro ci permette di ritrovare quei valori di luminosità e rigore prospettico che caratterizzano l’arte di Filippo e tra i recuperi di particolari prima illeggibili vi sono le aureole originali o alcuni dettagli di notevole realismo nelle scenette della predella. Monsignor Marco Viola, rallegrandosi per il ricollocamento della tavola nella sua sede originaria, ha annunciato che la prossima sfida per l’Opera Medicea Laurenziana sarà il restauro del campanile della basilica. 

 

Laura Lombardi, 09 agosto 2016 | © Riproduzione riservata

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