Un posto fuori mano

La copertina del volume di Tiziana Plebani
Luca Scarlini |

Il Vega è un luogo tecnologico bizzarro, sospeso tra Venezia, da cui si arriva in dieci minuti con il treno, scendendo alla fantomatica stazione di Porto Marghera, oppure con il bus. In quel punto in cui la Laguna tende alla terraferma, e pesano le memorie industriali, come sempre assai pesanti, di un posto dove per l’inquinamento negli anni Settanta anche ad agosto c’era la nebbia, colpisce una presenza artistica. Si tratta di una grande mano, enorme, ma anche nascosta, sospesa com’è tra il parcheggio e il muro che nasconde il traffico della tangenziale. Si tratta di un’opera dello scultore cileno Mario Irarrázabal, arrivata a Venezia nella celebrata e discussa quarantaseiesima Biennale curata da Jean Clair e dedicata con gesto polemico alla figurazione.
L’autore aveva donato l’opera alla città e poi qualcuno (come sempre nascosto nelle pieghe della burocrazia e quindi in definitiva
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