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Gareth Harris
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Un ambizioso «miglio dei musei» sta prendendo forma a Beirut. Sei istituzioni culturali sono in via di costruzione o sono state recentemente ultimate nella tormentata metropoli mediorientale. La rapida espansione culturale è stata in gran parte voluta da potenti mecenati e aziende private, ma ora anche il settore pubblico sta facendo la sua parte.
Il Bema-Beirut Museum of Art, un nuovo museo di arte moderna e contemporanea, aprirà la strada a questi progetti culturali. L’inaugurazione è prevista per il 2020 in Damascus Road, ex linea di confine durante la guerra civile libanese. «Il museo non è concepito come un’isola a sé ma come uno dei fulcri in un arcipelago che si estende nel cuore della città in una sequenza segnata da importanti istituzioni culturali», spiega Hala Wardé, l’architetto del museo, fondatrice di HW architecture e project leader del Louvre Abu Dhabi.
La trasformazione di Beirut in un centro culturale regionale non è un’impresa semplice. La sicurezza nazionale resta problematica perché il Paese confina con la Siria dov’è ancora in corso la guerra civile. E il sistema politico libanese (il Paese è stato senza un presidente per più di due anni, fino al 2016), ha reso difficile la vita nella capitale.
La nomina come primo ministro lo scorso novembre di Saad al-Hariri (musulmano sunnita e figlio di Rafiq al-Hariri, ex primo ministro assassinato nel 2005) ha dato ora una maggior stabilità politica al Paese. Il nuovo Governo ha approvato un master plan per riqualificare piazza dei Martiri, luogo simbolo nel centro di Beirut, su progetto di Renzo Piano.
Trovare i mezzi finanziari ha comportato un’ulteriore sfida: la rivalità. Due musei archeologici, il Beirut City History Museum, finanziato dal Governo, che sarà affidato a Renzo Piano, e il Museo delle civiltà, hanno entrambi adocchiato delle location in piazza dei Martiri.
Il progetto più discusso è la proposta di Tony Salamé, magnate del commercio al dettaglio, di costruire diversi padiglioni nello stile delle Summer Houses delle Serpentine Galleries di Londra, che segneranno l’inizio di un nuovo distretto del design nel centro di Beirut. «Ogni padiglione avrà un utilizzo diverso, ma quello principale sarà per il design», ha affermato Salamé. La sfida di realizzare questo distretto è stata esaminata da professionisti della cultura in una conferenza dello scorso febbraio alla Aïshti Foundation guidata dallo stesso Salamé. Nicolai Ouroussoff, ex critico di architettura del «New York Times», ha espresso cautela sulla rapida gentrificazione, suggerendo che il quartiere dovrebbe comprendere «uno spazio temporaneo fuori dalla pressione del mercato. Lo sviluppo a Beirut dovrebbe avvenire in maniera più informale, creando una maggiore “mixité”».
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