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Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliA Paris Tableau spiccavano i ritratti di Frans Pourbus il Giovane degni di un museo prestigioso esposti dalla Weiss Gallery di Londra. Per quanto riguarda i quadri italiani, molti di bella o comunque piacevole resa figurativa, ma pochi i capolavori. Lampronti con i suoi incantevoli Vanvitelli; Canesso con un piccolo paesaggio di Pier Francesco Mola di poetica, prodigiosa bellezza; Maurizio Nobile con qualche bolognese e veneto desiderabili.
Resta però l’impressione che il mercato della pittura antica in tutta Europa stia grattando il fondo del barile. Quello che affiora non è sempre bello. Difficile immaginare chi potesse comprare il quadro di Louis-Jacques Durameau raffigurante un macellaio che si appresta a uccidere un bue con un grosso martello o la grande tela con Enrico IV sanguinante ed esamine riportato al Louvre dopo essere stato colpito dal Ravaillac. O ancora quadri «pompier» che una decina d’anni or sono nessuno voleva, fastidiosi dipinti francesi del primissimo Ottocento dedicati a temi di onore e virtù, ma anche postimpressionisti pallidi e rachitici.
Di altissimo livello il convegno dedicato «All’origine del gusto: la pittura barocca negli Stati Uniti», organizzato con perizia da Anna Ottani Cavina e Keith Christiansen, al quale hanno partecipato Stéphane Loire, Patrice Marandel, Eric Zafran e Stephan Wolohojian. Tema: l’introduzione del collezionismo barocco nelle collezioni americane. Dimenticato, però, che negli Stati Uniti questo gusto è andato di pari passo con l’arredo e il decoro delle grandi dimore trasformate in succursali di Versailles. Ricordato il magistero di Berenson, Zeri, Longhi, Briganti, Valentiner, Austin e Pope Hennesy.
Palpabile la nostalgia per qualcosa che non è più, ma anche in generale per un approccio rinnovato che sappia guardare ai fenomeni maggiori del passato con occhi nuovi e giovani.
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