Un barbaro contro i colti

Il percorso umano e artistico di Jean Dubuffet al Musée d'Ethnographie di Ginevra, che ebbe un ruolo fondamentale per la sua ispirazione artistica

«Pisseur à droite» (1961), di Jean Dubuffet. Parigi, Musée des Arts Décoratifs
Luana De Micco |  | GINEVRA

Il Meg-Musée d’Ethnographie de Genève presenta, dall’8 settembre al 28 febbraio, «Jean Dubuffet, un barbaro in Europa», retrospettiva tematica, non cronologica, che ricostruisce il percorso umano e artistico all’origine del concetto di «Art Brut». Percorso in cui Jean Dubuffet (1901-85), vicino a Fernand Léger e Raoul Dufy, poi al surrealista André Breton, ha demolito, come un «barbaro» dunque, le strutture dell’arte «colta» per reinventare una forma d’arte «grezza».

Il Meg, che ha collaborato con il MuCem di Marsiglia e la Collection de l’Art Brut di Losanna, ricorda che il museo svolse un ruolo primario in questa avventura artistica, poiché Dubuffet lo visitò nell’estate 1945 e conobbe il suo direttore, Eugène Pittard: fu quest’ultimo a presentargli Charles Ladame, medico psichiatra che per anni raccolse disegni e pitture dei suoi pazienti, e che, nel 1948, donò a Dubuffet parte della sua collezione, con lavori di Jean Mar e Julie Bar, poi entrati nel museo di Losanna.

Il percorso, con una sessantina di opere di Dubuffet, è articolato in tre sezioni. La prima celebra «l’uomo del comune», espressione nata nel 1944 con cui Dubuffet rigetta «l’uomo eroe», modella marionette e s’interessa ai graffiti. La seconda è dedicata alla scoperta dell’arte popolare ed extraoccidentale, entrando in opposizione al concetto peggiorativo di «arte primitiva». Dubuffet si interessa ai disegni di Somuk e condivide con il mercante Charles Ratton la passione per le maschere oceaniche. La terza si concentra sulla critica della cultura «tradizionale», in linea con il pensiero di Claude Lévi-Strauss.

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