Un anno di Zuchtriegel

Il direttore del Parco Archeologico di Pompei parla dei progetti presenti e futuri, del teatro per ragazzi, delle mostre e del digitale, strumento fondamentale nel pensiero della fruizione

Gabriel Zuchtriegel e Maria Luisa Catoni all’inaugurazione della mostra «Arte e sensualità nelle case di Pompei»
Graziella Melania Geraci |  | Pompei (Na)

A un anno dal suo insediamento Gabriel Zuchtriegel parla dei progetti presenti e futuri, del teatro per ragazzi, delle mostre e del digitale, strumento fondamentale nel pensiero della fruizione per il direttore del Parco Archeologico di Pompei.

Direttore Zuchtriegel, lei sta portando avanti dei progetti che erano precedenti la sua presa in carica, quali in particolare?
Sono in corso molti progetti, nel complesso abbiamo ancora qualcosa da finire del Grande Progetto Pompei ma ormai siamo in dirittura di arrivo. La sfida che abbiamo davanti a noi è quella di tradurre questo intervento straordinario e di grande successo, grazie alla direzione di Massimo Osanna, con un modello sostenibile nel tempo. Il compito che abbiamo ora è di evitare che si torni alla situazione precedente attraverso un monitoraggio continuo dello stato di conservazione. Lo stiamo facendo sperimentando tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale o i droni, utilizzando tutto ciò che serve per avere il più possibile in tempo reale il quadro della situazione del sito. In base a questa conoscenza, programmiamo gli interventi di manutenzione ordinaria. Vogliamo andare sempre di più verso la prevenzione e non verso l’intervento, parliamo di più di mille abitazioni, di più di 10mila ambienti con intonaco e affreschi, quindi una situazione molto complessa.

Ha dato il via a nuovi programmi?
Non è mai il lavoro di una sola persona ma è sempre in team. C’è un progetto con alcune scuole del territorio intorno a Pompei che vengono per fare teatro proprio nel sito, noi vogliamo che diventino partecipi di questo nostro progetto culturale. A fine mese (27, 28 e 29 maggio) ci sarà la messa in scena de «Gli Uccelli» di Aristofane con questi ragazzi che ora cominciano a vivere il sito come una cosa loro, non un luogo dove si va solo una volta in gita scolastica. Il tutto sarà raccontato in un documentario a cura del Giffoni Film Festival. Stiamo lavorando molto sul monitoraggio e sulla manutenzione che è sicuramente una priorità. Un altro aspetto a cui tengo è l’apertura degli archivi, rendere fruibile tutto il nostro patrimonio digitale all’esterno per studiosi, per persone interessate o per coloro che vogliono semplicemente curiosare. Stiamo digitalizzando materiale come fotografie, documentazioni di scavo, piante, schede, tutto ciò a cui stavamo già lavorando da decenni ma che è poco fruibile: quindi da un lato dobbiamo andare avanti nella digitalizzazione, dall’altro lato dobbiamo sempre più aprire questo patrimonio all’esterno. Negli ultimi anni abbiamo visto che le preoccupazioni espresse da qualcuno circa la fruizione del patrimonio solo nel mondo virtuale con relativa diminuzione delle visite dal momento che i contenuti si inseriscono in rete, si sono rivelate infondate, anzi più un sito è presente online più le persone hanno voglia di visitarlo realmente.

Il nome di Pompei e i suoi reperti sono attualmente in giro per il mondo, dove?
Siamo stati coinvolti per la parte scientifica dal Mann per una mostra itinerante in Giappone (dal titolo «Pompeii»), c’è una grande mostra a Torino («Invito a Pompei») e da poco abbiamo inaugurato «Arte e sensualità nelle case di Pompei», nella Palestra Grande all’interno degli scavi, con oggetti dai depositi provenienti anche da Oplontis e da Stabia. È il tentativo di spiegare l’onnipresenza della forte sensualità nell’immaginario antico romano debitore della cultura e della tradizione greca. Tentiamo di chiarire il contesto storico, sociale, economico e culturale per mettere i visitatori nella condizione di vedere il sito, dopo la visita della mostra, con maggiore consapevolezza del significato della cultura alla base di queste immagini molto presenti nell’esperienza quotidiana, dalle case ai santuari, agli spazi pubblici. La mostra nasce anche dalle ultime scoperte, come il bellissimo affresco di Leda e il cigno nella casa di Leda e il carro cerimoniale di Civita Giuliana. Proprio questo è stato uno dei reperti che ci ha stimolato a riflettere sul tema dell’arte sensuale apertamente erotica nella vita di Pompei perché sul carro ci sono dei medaglioni che saranno esposti per la prima volta nella mostra accompagnati da un piccolo video esplicativo. Sarà presente, oltre alla cocuratrice Maria Luisa Catoni, Massimo Osanna non solo perché direttore generale dei Musei, già direttore di Pompei, ma anche perché autore di un libro a cura sua e di Launa Toniolo proprio su Civita Giuliana.

Queste ultime scoperte hanno attirato l’attenzione sui siti posti esternamente l’area strettamente cittadina di Pompei. C’è una progettualità che ne consideri la fruizione?
Fare progetti è il nostro pane quotidiano, sono progetti di tutela, di ricerca e di  valorizzazione, tre aspetti che vanno sempre insieme. Quando abbiamo un’emergenza come nel caso di Civita Giuliana, dove c’è una collaborazione con la Procura di Torre Annunziata per il contrasto alle attività di scavo clandestino, e dove abbiamo dei risultati così inattesi come il ritrovamento del carro cerimoniale e ora della stanza degli schiavi, è chiaro che abbiamo già iniziato a pensare come questo complesso potrà diventare un giorno fruibile, visitabile, parte di un percorso. Nella mia visione dovrebbe collegare parte di Villa dei Misteri, molto vicino a Civita Giuliana, con Boscoreale e diventare una passeggiata archeologica, una specie di parco diffuso al di là dei confini dell’area archeologica strettamente parlando.

State già lavorando a questo percorso?
Sì, in questo caso specifico bisogna capire prima esattamente l’estensione dell’area, stiamo facendo degli espropri della zona per acquisire al demanio delle aree che poi potranno diventare oggetto di progetti di valorizzazione. Oggi il digitale ci può aiutare molto in queste forme di fruizione diffusa del territorio sia come strumento di guida per i visitatori, per i collegamenti, per i biglietti online, e come strumento di conoscenza attraverso la nostra app, in via di sviluppo, per invitare le persone a visitare il contesto più ampio di Pompei.

Quindi il percorso fuori Pompei verrà lanciato prima online?
Tutto quello che facciamo ha già una dimensione digitale, cerchiamo di sviluppare sempre di più l’app e le varie forme di interlocuzione e di interazione con il pubblico attraverso il digitale. La questione di cosa viene prima non si pone, deve andare tutto insieme. La conoscenza diffusa attraverso il digitale è importante, ma lo è anche poterci arrivare fisicamente per cui adesso riprendiamo l’iniziativa «Pompeii Artebus» insieme alla Regione Campania, una navetta che connette i siti periferici con Pompei, già testata durante il periodo natalizio e che verrà ripresa ora.

Quanto presta attenzione al feedback dei visitatori?
È importante, in proposito ricevo mail e segnalazioni sui social ma una cosa a cui tengo molto è andare nel sito di persona. Oltre a vedere come si muovono, i visitatori mi rivolgono domande, come ad esempio dove si trova una casa, o dei servizi particolari. Tutto ciò è interessante perché mi aiuta a capire quali sono i loro dubbi e i loro interessi, talvolta mi capita di intrattenermi in una breve chiacchierata per comprendere da dove vengono e quali sono le loro aspettative. Lo considero molto importante per guidare un sito così grande, per avere sempre il polso della situazione. Un giorno nel sito un signore mi è venuto incontro chiedendomi dove fosse «quello che era scoppiato»: ovviamente voleva vedere il Vesuvio che poi gli ho indicato su via Stabia. Così ho pensato che quella visione fosse la cosa essenziale, vedere la città e il vulcano vicini, insieme c’è tutta la storia. Quel visitatore ha posto una domanda su questi elementi basilari, ci sono tante cose per noi archeologi che sono scontate ma che bisogna spiegare e il supporto digitale può essere utile.

Qual è il suo atteggiamento nei riguardi dell’inserimento di opere di arte contemporanea in un sito come Pompei?
Abbiamo un progetto che si chiama «Pompeii Commitment» ideato da Massimo Osanna e da Andrea Viliani, che ancora lo sta seguendo. Forse per la prima volta non si pensa a degli interventi puntuali di arte contemporanea in un sito archeologico ma a un progetto con una curatela pluriennale, con un programma che si può seguire sul sito web dedicato. Il lavoro di questo gruppo guidato da Viliani ha portato risultati eccezionali. Il mio atteggiamento è positivo seppur con la consapevolezza che dove non c’è attenzione alla curatela e all’aspetto scientifico, può essere rischioso, può diventare un mero accostamento arbitrario non sempre di qualità che non aggiunge valore né al patrimonio archeologico né a quello artistico contemporaneo.

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