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Tre diverse strategie di marketing

Gli appuntamenti di New York e Parigi

Antonio Aimi

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Dai risultati delle tre aste di arte «altra» di Christie’s e di Sotheby’s che si sono tenute nei mesi di maggio e giugno si potrebbe dire che siamo tornati alla situazione del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: se da un lato siamo lontani dai record che ogni tanto caratterizzavano le aste del passato, dall’altro siamo comunque davanti a risultati soddisfacenti. In questa situazione diventa difficile fare una sintesi delle tendenze del mercato, anche perché le tre aste erano molto diverse tra loro, sia per la qualità e le tipologie delle opere offerte, sia per le strategie di marketing con cui sono state presentate.

La vendita con le caratteristiche più atipiche è stata senza dubbio l’asta Christie’s (12 opere in tutto), che si è tenuta a New York il 19 maggio. Il risultato complessivo è stato di 3,57 milioni di euro con percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) dell’83% e del 67%. In questa occasione, sviluppando le strategie di marketing già in campo negli ultimissimi anni, Christie’s ha preparato uno splendido catalogo di 104 pagine, intitolato «Timeless Masterpieces of African Art», nel quale 12 opere erano accompagnate da testi e immagini di capolavori di tutte le epoche e di tutte le culture (dall’arte contemporanea a quella dell’antico Egitto) in modo da esaltarne non solo le qualità formali e il pedigree, ma anche l’«aura» che nasceva dalla rete di relazioni in cui erano collocate.

L’asta Sotheby’s del 15 maggio di New York si è caratterizzata per un’offerta di 121 opere provenienti da America, Africa e Oceania e un catalogo più tradizionale, che solo nel caso dei pezzi più importanti presentava approfondimenti monotematici, tesi a metterne in evidenza i rapporti con i grandi nomi dell’arte contemporanea. In questo caso l’incasso totale è stato di 5,64 milioni di euro con percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) del 78% e dell’82%. Nell’asta Sotheby’s del 21 giugno di Parigi, invece, sono state offerte 74 opere africane e oceaniche accompagnate da un catalogo che il testo bilingue rendeva necessariamente più sobrio.

La vendita non ha mostrato la febbre di altre occasioni e per la prima volta, forse anche a causa dell’ondata di caldo che ha colpito la capitale, la sala non era piena. Il volume delle vendite è arrivato a 4.338.750 euro con percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) del 73% e dell’86%. Il top lot assoluto di questo giro d’aste è stata una figura Chokwe alta 35 cm, uno dei massimi capolavori  (non più di una decina) di questa etnia, che è stata venduta da Sotheby’s a 1.637.300 euro (stima 1,3-2,2 milioni). Seguono poi quattro opere Christie’s: una maternità Dogon che è arrivata a 1.090.800 euro (stima 1,3-2,2 milioni), una figura gianiforme Baulé, che ha registrato un successo clamoroso, 765.600 euro contro stime di 125-225mila, una Fang (527.100 euro; stima 450-720mila euro) e una maschera Grebo policroma (462.100 euro; stima 225-320mila). Vengono poi i top lot dell’asta di Parigi, una figura Hemba e una maschera Ngbaka, entrambe vendute a 427.500 euro a partire da stime di 280-350mila per la prima e di 200-300mila per la seconda.

Anche in queste aste, però, non sono mancate opere relativamente a buon mercato: la meno costosa è un cavaliere in ferro Bamana venduto a 1.800 euro (stima 1.800-2.700). Ma nella fascia comprendente i pezzi più economici dell’asta di Parigi erano presenti anche tre manifesti degli anni Trenta con stime superiori ai 2mila euro. Uno di questi è stato acquistato da un’importante istituzione europea a 10mila euro (stima 8-12mila).

Antonio Aimi, 05 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

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