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Federico Florian
Leggi i suoi articoliA giudicare dai giochi di parole che spesso popolano i dipinti di Allison Katz, non è un caso che la trentaseienne artista canadese, di stanza a Londra, abbia dichiarato in una recente intervista: «Dipingo come scrivo ovvero parto da citazioni, attorno alle quali costruisco i miei lavori; il che è a tutti gli effetti assimilabile a una conversazione».
Una delle ultime mostre della Katz, alla Kunstverein di Friburgo, s’intitolava «All Is On», le cui lettere formano il nome proprio dell’artista; riporta lo stesso titolo un suo autoritratto, in cui le tre sillabe vanno a comporre i tratti del volto dell’artista.
«AKA» è il titolo della personale che Giò Marconi le dedica dal 12 febbraio al 19 marzo: iniziali dell’artista, nonché acronimo di «also known as», «altrimenti detto».
La Katz ha concepito un progetto in cui l’architettura di via Tadino 20 viene frammentata in una molteplicità di spazi. «AKA» è anche un palindromo: come spiega l’artista, «la mostra è concepita come una strada a due sensi che può essere letta sia da una parte che dall’altra».
Poster e dipinti si alternano in tale ambiente multiprospettico: combinando astrazione e figurazione, le opere rivelano spesso motivi ripetuti in modo ossessivo. Nasi e fiori, ad esempio, abitano i dipinti: scopo dell’autrice è indagare le convenzioni della pittura occidentale, per poi complicarle e distorcerle.
Una sorta di metaracconto della pittura, in cui l’ironia gioca un ruolo fondamentale.
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