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Tra fede e tesori archeologici. Illegali

Confiscati 144 rari sigilli cilindrici a caratteri cuneiformi, parte di un tesoro di reperti archeologici scavati illegalmente in Iraq spediti in America come «piastrelle prodotte in Turchia» alla famiglia Green (proprietaria della catena di oggettistica Hobby Lobby) che, animata da accesa fede religiosa, sta investendo oltre 500 milioni di dollari per aprire, il 17 novembre, il Museo della Bibbia

Dove sono finiti i tanti tesori archeologici rubati o scavati illegalmente in Siria e in Iraq a partire dal 2003 (anno dell’occupazione americana), tra guerre e razzie? Sembravano scomparsi: rari i reperti emersi e sequestrati dalle forse di polizia internazionali, il grosso del saccheggio nascosto chissà dove, in Paesi dove i controlli sono labili, in attesa di tempi più favorevoli. All’improvviso, il 5 luglio scorso si è aperto uno scenario sconcertante: la Procura del Dipartimento di Giustizia di Brooklyn (New York) ha messo sotto accusa una grande società americana, la Hobby Lobby Stores Inc., grande catena di negozi di hobbistica e oggettistica, la maggiore al mondo nel commercio di «Arts and Crafts» (il valore dell’impresa è valutato in 3 miliardi di dollari). L’accusa è di aver importato illegalmente negli Stati Uniti almeno 5.500 antichissime tavolette di argilla, sigilli cilindrici  con scritte in caratteri cuneiformi  oltre a centinaia di altri reperti delle prime civiltà mesopotamiche. Un tesoro archeologico ancora da studiare, scavato o rubato in Iraq da sconosciuti predatori.

Tutti in America conoscono la Hobby Lobby, che negli ultimi anni si è diffusa all’estero, possiede 730 magazzini in tutto il mondo (vende online anche in Italia) e commercia in oggetti regalo, arredamento e artigianato artistico. Il prezioso materiale archeologico scoperto dalla Procura di New York è stato acquistato dalla Hobby Lobby nel dicembre 2010 attraverso intermediari e mercanti con base in Israele e negli Emirati Arabi Uniti. Per l’acquisto risultano pagati 1,6 miliardi di dollari. Tutta la «merce» è poi stata spedita in più casse alla Hobby Lobby e a due filiali della stessa impresa, mascherata da documenti che attestavano trattarsi di normali «piastrelle» prodotte in Turchia. È allora, agli inizi del 2011, che gli investigatori hanno scoperto l’arrivo clandestino del tesoro e sono iniziate le indagini della Procura di New York conclusa con l’annuncio dell’inchiesta reso pubblico lo scorso 5 luglio, quando lo Stato americano aveva comunque già iniziato la procedure per la confisca.


Il Museo della Bibbia
Ma perché la Hobby Lobby Stores Inc., che non commercia in antichità, ha acquistato sul mercato clandestino e ha poi importato illegalmente negli Usa quel tesoro archeologico? La spiegazione è nella singolare passione dei proprietari della Hobby Lobby, la famiglia Green di Oklahoma City.

Il presidente della società, Steve Green (1941), è un imprenditore che ha portato a un clamoroso successo la Hobby Lobby, ma è anche animato da un’accesa fede religiosa e un impegno militante nella Chiesa dei Cristiani Evangelici, molto numerosa e potente negli Usa: la fede impregna ogni aspetto della sua impronta, dalla scelta degli oggetti in vendita allo stile di vita dei suoi dipendenti. L’acquisto «all’ingrosso» di tanta archeologia è infatti finalizzato alla realizzazione di un sogno: da anni Steve Green, sua madre Barbara e suo padre David, fondatore della Hobby Lobby, si dedicano alla creazione di un grande Museo della Bibbia (Museum of the Bible; www.museumofthebible.org) con lo scopo di diffondere e promuovere la verità del «Libro» che Steve considera anche «un affidabile documento storico». È questo il primo dei quattro «credo» cardinali degli Evangelici: che la Bibbia sia «infallibile in tutte le sue definizioni». Il nuovo museo è connesso però al quarto «credo» che impegna ogni adepto a fare proseliti per «evangelizzare» il mondo. L’anno scorso Green, presentando il prossimo completamento dei lavori per il Museo della Bibbia, ha affermato che «la nostra Nazione è in pericolo a causa della sua ignoranza del pensiero di Dio». Alla base dell’acquisto di tanti reperti archeologici c’è quindi il programma ideologico del museo che, annunciato da Green nel 2014, aveva già allarmato diverse associazioni laiche americane come la Freedom from Religion Foundation, che vede in quel programma una minaccia per il credo democratico americano, basato sulla separazione tra Stato e religione. L’inaugurazione del museo è annunciata per il prossimo 17 novembre: la collezione privata dei Green potrà finalmente essere conosciuta.

Negli ultimi vent’anni, con la sua famiglia, Steve Green aveva già ammassato un’immensa collezione di antichità, almeno 40mila reperti. All’inizio erano stati investiti più di 30 milioni di dollari, destinati soprattutto all’acquisto di rari manoscritti, esemplari della Torah, documenti su papiro, antiche Bibbie. Scott Carroll, storico e archeologo, consulente dei Green per gli acquisti e direttore designato del futuro museo, ha detto al «New York Times» che alcuni oggetti della collezione (che finora pochi studiosi hanno potuto vedere) sono vere «pietre miliari della conoscenza», come una raccolta quasi completa del Libro dei Salmi su papiro e le prime testimonianze scritte del Nuovo Testamento del tempo e nella lingua parlata da Gesù, l’aramaico. Secondo Scott Carroll, oggi la collezione privata dei Green vale centinaia di milioni di dollari. 

Nel 2012 il sogno dei Green diventa concreto: comprano per 50 milioni di dollari, attraverso l’organizzazione non profit di famiglia, un edificio di otto piani e 37mila metri quadrati nel cuore di Washington, distretto dei musei, a tre isolati dal Campidoglio, accanto allo Smithsonian Institution Building e poco lontano dal National Mall e dal Lincoln Memorial. Il palazzo, una struttura industriale costruita nel 1923 per produrre ghiaccio, era poi diventato il Washington Design Center che infine ha venduto la sua sede ai Green. Lo studio di architetti che ha progettato il Museum of the Bible è lo Smith Group JJR di Detroit, con sedi da Shanghai a Washington, che ha firmato anche il National Museum of the American Indian dello Smithsonian (con Douglas Cardinal e Gbqc) e quello recentissimo del National Museum of African American History and Culture (con Freelon Adjaye Bond). Architetto progettista è David Greenbaum, general contractor per i lavori è la Clark Contruction di Bethesda (Maryland). 

Il museo, presieduto da Cary Summers, sarà dotato di spettacolari apparati multimediali affidati alla Technomedia Solutions che lavora per il Cirque de Soleil, per gli Universal Studios in Florida, per il Time Warner Center e molti altri. Le diverse sezioni del museo, seguono la storia della Bibbia e di Gesù con soluzioni già adottate per kolossal cinematografici, dalla Disney a Steven Spielberg. Insomma sono coinvolti i massimi specialisti per effetti speciali e verranno adottate tecnologie al massimo livello. Sul tetto, al sesto piano, una struttura in vetro ospiterà il Giardino Biblico e il ristorante. L’investimento per il museo, compreso l’acquisto e i faraonici lavori di ristrutturazione e allestimento, è valutato in almeno 500 milioni di dollari, cifra gigantesca che proviene dai guadagni della Hobby Lobby Stores, ma anche da un’azione di crowdfunding già lanciata in tutti gli Stati Uniti.

Rientro a Baghdad? Il procedimento giudiziario per il contrabbando e l’importazione illegale in America dei 5.500 reperti archeologici ora confiscati non è ancora conclusa. Se entro 60 giorni il Governo iracheno lo richiederà, dovrebbero essere riportati a Baghdad. Intanto la Procura ha iniziato indagini sugli acquisti passati di Hobby Lobby e della Fondazione dei Green. Il presidente Steve Green si è giustificato affermando che tutto è avvenuto a causa dell’inesperienza della Hobby Lobby e sua personale nell’acquisto di oggetti di archeologia. Nel frattempo la magistratura americana aveva raccolto le dichiarazioni del legale al quale Green si era rivolto prima dell’acquisto, nell’ottobre del 2010, il quale ha testimoniato di aver messo in guardia il suo cliente dal rischio di un acquisto di reperti probabilmente frutto di scavi clandestini in Iraq, avvertendolo che l’importazione negli Stati Uniti è un reato federale. Ma il proprietario della Hobby Lobby non si era fermato. Del resto, lo scorso luglio la Hobby Lobby ha riconosciuto la sua responsabilità: per chiudere l’azione civile (per ora non è stata iniziata alcuna azione penale) ha infatti accettato formalmente la confisca dei reperti archeologici, compresi 144 rari sigilli cilindrici, e il pagamento di un’ammenda di 3 milioni di dollari. Nei prossimi 18 mesi Hobby Lobby dovrà informare la Procura su ogni eventuale acquisto di oggetti antichi. Nonostante questo episodio Green ha confermato che il Museo della Bibbia aprirà a Washington entro novembre.

Edek Osser, 07 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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