Tra arte, cultura e fotografia

Tre mostre romane: due al MaXXI, una al WeGil

«Sottopassaggio pedonale. New York», di Paolo Di Paolo, 1963. ©️ Archivio Paolo Di Paolo / Courtesy Collezione Fotografia MAXXI
Federico Castelli Gattinara |  | Roma

C’è un filo stretto che lega arte, cultura e fotografia, e ci sono alcune grandi figure particolarmente esemplari di questa relazione, basti pensare agli indimenticabili Ugo Mulas, a cui il MaXXI dedicò una monumentale antologica nel 2007, e Claudio Abate, scomparso neanche due anni fa, amici e interpreti dei migliori artisti del loro tempo, dei modi e dei luoghi dell’arte.

Indimenticabile rimane pure la figura di Elisabetta Catalano, a cui il MaXXI riserva dal 3 aprile il focus «Tra immagine e performance», realizzato con l’Archivio Catalano, a cura di Aldo Enrico Ponis e con la consulenza di Laura Cherubini.

La mostra è incentrata su quattro artisti, ripresi durante l’elaborazione in studio, negli anni Settanta, di una performance ciascuno: «Lo scorrevole» di Vettor Pisani, «Painting» di Cesare Tacchi, «Scultura invisibile» di Joseph Beuys, «Europa bombardata» di Fabio Mauri. «Se non si riesce a ricostruire il percorso di una performance, spiega Ponis, a far rivivere quella complicità tra i due artisti, uno che si esprime con le opere, l’altro attraverso il mezzo fotografico, l’immagine finale, iconica rimarrà solo la testimonianza di qualcosa che si può solo intuire, rimanendo aldilà della comprensione». Con diapositive, fotocolor, stampe storiche, corrispondenze e provini d’artista si cerca di ricostruire le fasi del processo creativo.

Sempre al MaXXI «Paolo Di Paolo. Mondo perduto», a cura di Giovanna Calvenzi, offre un viaggio nell’Italia degli anni ’50 e ’60 tra i protagonisti di cinema, arte, cultura, moda ma anche gente comune. Dal 17 aprile al 30 giugno, sponsor Gucci, più di 250 scatti con molti inediti riportano realtà e cronache d’Italia riprese dal più amato fotografo de «Il Mondo» diretto da Mario Pannunzio, dove Di Paolo lavorò dal 1954 fino alla chiusura nel 1966. Due anni dopo abbandonerà la fotografia e il suo immenso archivio, un corpus di 250mila tra negativi, provini, stampe e diapositive, finirà dimenticato, fino alla casuale riscoperta della figlia Silvia una ventina d’anni fa.

La mostra ruota attorno alla redazione (ricostruita) del «Mondo», racconta l’uscita dell’Italia dall’arretratezza tra mille contraddizioni, i reportage da Giappone, Iran, New York, e ancora ritratti di artisti, intellettuali e mondo del cinema, scatti spesso «rimasti inediti proprio perché erano così intimi che sarebbe stato inappropriato venderli ai giornali», spiega la figlia. Con affondi specifici su Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini e il reportage sulle vacanze degli italiani realizzato con Pasolini nel 1959.

A WeGil fino al 16 giugno, di nuovo Pasolini, Bertolucci, Caproni, Penna, Ungaretti, Bassani, Gadda, Ortese e altri per «Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia», ripresi da noti fotografi e reporter del tempo, a cura di Giuseppe Garrera, con oltre 250 immagini dalla sua collezione privata, e Igor Patruno. Grandi scrittori per le vie di Roma, a cene, feste e presentazioni, una comunità culturale irripetibile a cui solo la violenza, l’intolleranza, l’ottusità del mondo, scrivono i curatori, porrà fine (la mostra si ferma al 1975), con l’uccisione e lo scempio del corpo di Pasolini.

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