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Per inaugurare la nuova sede milanese in via Morigi 8, Cortesi Gallery ha scelto Agostino Bonalumi, di cui presenta, fino al 23 luglio, la personale «Ricucire la tela», a cura di Marco Meneguzzo. La rilettura del curatore sul lavoro di quest’artista così centrale nell’arte italiana del secondo dopoguerra prende le mosse dalla definizione di «pittura-oggetto» che Gillo Dorfles, suo estimatore e amico, attribuì ai suoi lavori.
Dorfles colse la specificità del lavoro di Bonalumi (1935-2013) all’interno delle ricerche sulla superficie scaturite dal gesto dirompente di Lucio Fontana, evidenziandone la duplice natura, pittorica e scultorea al tempo stesso. Bonalumi, infatti, non trapassa la tela, ma la piega, la incurva, la tende, la ricuce: il che fa di lui, scrive Meneguzzo, un «rivoluzionario costruttivo». Evocato sul piano teorico, Dorfles è «presente» in mostra anche attraverso due dipinti di Bonalumi della sua collezione, mai esposti prima, qui con altri lavori degli anni tra i ’60 e gli ’80.
A Lugano, in via Nassa, continua fino al 23 luglio «Chiara Dynys. Parade», curata da Giorgio Verzotti. Nella mostra (in contemporanea con la personale presentata fino a settembre dal Fai in Villa Panza a Varese) sono esposte opere recenti e alcuni lavori inediti. Fra le prime, i libri aperti di metacrilato, della serie «Tutto», avviata nel 2015, dalle cui pagine emergono, a rilievo, parole antinomiche, e i libri di vetro opalino retroilluminato (questi chiusi e visti dal dorso) di «Enlightening Books».
Il metacrilato torna nei nuovissimi lavori «Fluo S.T.», 1996-2021: sorta di quadri in cui compaiono inserti specchianti, per impedire all’osservatore di «andare oltre». Mentre la versione ridotta di «Giuseppe’s Door», l’opera monumentale installata in Villa Panza, rammenta il sodalizio di Chiara Dynys con il collezionista, che la definiva l’«artista della luce».

Chiara Dynys, «Fluo S.T.», 2021
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