Con la mostra «Faces. The power of the human visage» (fino al 20 giugno) l’Albertina Museum vuole indagare «le radicali innovazioni nella fotografia tedesca e austriaca degli anni Venti e Trenta che segnarono la fine del ritratto tradizionale, come ci spiega il curatore Walter Moser. Usandolo come mero materiale che poteva essere rappresentato secondo diversi approcci, il volto è divenuto campo di sperimentazione estetica e proiezione di narrazioni politiche. La rivoluzionaria serie “Metamorphosis through Light” (1935-36) di Helmar Lerski, ne è un eccezionale esempio. La strategia di trasformare un modello con l’aiuto della luce in 137 tipi diversi non solo riflette una moltitudine di dibattiti contemporanei, ma s’inscrive anche nello specifico contesto politico del suo tempo».
Oltre alla straordinaria modernità del lavoro di Lerski, che costituisce il leitmotiv della mostra, spiccano gli autoritratti mascherati dedicati all’emancipazione femminile di Marta Astfalck Vietz e Gertrud Arndt, gli esperimenti modernisti di László Moholy-Nagy, le indagini sociali di August Sander con il monumentale «Uomini del XX secolo». Di grande (e oggi inquietante) interesse il confronto tra l’opera di Leni Riefenstahl sul popolo tedesco e la serie «Arabs and Jews», ancora di Lerski, successiva alla sua emigrazione in Palestina, dopo l’avvento del nazismo.
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