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Redazione GdA
Leggi i suoi articoliPer questa edizione presentiamo due progetti ambiziosi e complessi. A «Unlimited» esponiamo un’opera di Francesco Arena di forte attualità, legata al tema dei migranti.
Nella sezione «Feature», invece, presentiamo un progetto di Joan Jonas e Barbara Bloom, due installazioni distinte delle due artiste messe in dialogo tra di loro. La coincidenza con Venezia e con Kassel, e non dimentichiamo Münster, credo sia positiva. Apprezzo questo dinamismo.
Per quanto concerne lo specifico dell’arte italiana, è una realtà oggettiva che esportare la ricerca degli artisti mid-career, in particolare, sia una delle sfide più difficili. Anche le stesse istituzioni italiane sono meno attive nel proporre il loro lavoro. Per questo abbiamo scelto di portare ad Art Basel, fiera internazionale per eccellenza, un’importante opera di Arena, e di investire anche in una pubblicazione a essa connessa.
Quali sono le differenze rispetto alle fiere italiane?
Credo che lo spirito delle fiere italiane e quello di Art Basel siano notevolmente diversi per ragioni quasi strutturali. La dimensione italiana è molto più contenuta e meno internazionale seppure, la maggior parte delle volte, di alta qualità. Il connubio mercato e proposta culturale fa parte del dna del nostro lavoro, da sempre siamo focalizzati su un mercato trasparente, non speculativo.
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