Pavlo Makov accanto a «The Fountain of Exhaustion» allestita sulle pareti della casa di Oleh Mitasov a Kharkiv, 1996 © Pavlo Makov. Cortesia dell'artista

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Pavlo Makov accanto a «The Fountain of Exhaustion» allestita sulle pareti della casa di Oleh Mitasov a Kharkiv, 1996 © Pavlo Makov. Cortesia dell'artista

Sospesi i lavori del Padiglione ucraino

Pur non trovandosi «in uno stato di pericolo immediato», giovedì mattina gli organizzatori hanno sospeso i lavori della personale di Pavlo Makov per la Biennale di Venezia

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Redazione GDA

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Giovedì mattina, in diverse città ucraine la popolazione si è svegliata sotto le esplosioni dell’esercito russo, che ha iniziato un’invasione via terra, via mare e via aria. A fine giornata, l’account Twitter del Padiglione ucraino ha annunciato lo stop dei propri lavori. Le conseguenze immediate sul padiglione ucraino alla prossima Biennale di Venezia (che si apre il 23 aprile 2022) potrebbero sembrare secondarie, ma la guerra russo-ucraina genererà conseguenze di vasta portata, non solo per il mercato azionario russo e per l’approvvigionamento energetico dell’Europa centrale, ma anche per il settore culturale ucraino.

«Nel momento in cui il pubblichiamo questo annuncio non siamo in uno stato di pericolo immediato, ma la situazione è critica e cambia ogni minuto. Attualmente, non siamo in grado di continuare a lavorare sul progetto del padiglione a causa del pericolo per le nostre vite, si legge nel comunicato. Tutti i voli internazionali da e per l’Ucraina sono cancellati. Viaggiare nel Paese è rischioso. Siamo determinati a rappresentare l’Ucraina alla Biennale di Venezia, ma non tutto dipende da noi. Se la situazione cambierà e sarà sicuro continuare il nostro lavoro e viaggiare, saremo a Venezia. Non sappiamo ancora se saremo in grado di completare il nostro progetto, ma faremo tutto il possibile per salvare le opere realizzate da Pavlo Makov e la nostra grande squadra creata negli ultimi 5 mesi per la prossima biennale».

Il comunicato si conclude con l’appello alla comunità artistica internazionale di usare la propria influenza per fermare l’invasione russa: «Le armi feriscono i corpi, la cultura cambia le menti». Nessuno dei quattro firmatari (l’artista Pavlo Makov e i tre curatori, Lizaveta German, Maria Lanko e Borys Filonenko) può essere raggiunto per un commento. Venerdì la Biennale di Venezia ha pubblicato sul proprio sito lo statement che gli organizzatori della manifestazione «invocano la pace e rifiutano fermamente tutte le forme di guerra e di violenza. La Biennale è al fianco di tutti coloro che stanno soffrendo a causa dell'attacco russo in Ucraina».

Il Ministero ucraino della Cultura e della Politica dell’Informazione, con la galleria di Kyiv The Naked Room e l’editore capo di IST Publishing Borys Filonenko, aveva in serbo per la Biennale Venezia una versione aggiornata di «Fountain of Exhaustion» (1995-2022) di Makov, installazione a parete di 3 metri quadrati concepita nel 1995, anno in cui piogge torrenziali hanno inondato l’impianto di trattamento delle acque di Charkiv, la seconda città più grande del Paese. L’inondazione all’impianto situato alla confluenza dei fiumi Kharkiv, Lopan e Udy, ha portato alla contaminazione della fornitura di acqua della città, costringendo le autorità a bloccare i rubinetti comunali per oltre un mese.

Per illustrare i sentimenti viscerali di impotenza che Makov ha percepito non solo tra i residenti e i funzionari di Charkiv, ma nelle società post-sovietiche in generale, l’artista ha ideato un’installazione composta da imbuti di bronzo con il fondo biforcuto montati su una parete e disposti in forma triangolare. L’acqua versata nell’imbuto in cima gocciola in due imbuti appena sotto, che a loro volta dividono il flusso in altri quattro imbuti, e così via, fino a quando il flusso, costante in cima, rallenta in un semplice rivolo in fondo.

Prima dell’invasione, Makov riconosceva nell’idrodinamica della sua opera non solo i pensieri dei cittadini circa il fallimento di un’utopia, ma anche un più recente e generalizzato sentimento di malessere che, esteso ben oltre i confini dell’Europa orientale, contamina e spegne le aspirazioni di cambiamento a livello globale, specialmente in tema di politica climatica.

Se l’installazione potrà essere realizzata, il tema della crisi ecologica e politica si tradurranno e fonderanno in modo pregnante nel contesto veneziano, dove gli effetti del cambiamento climatico globale hanno cominciato a farsi sentire in modo serio, per questo il nuovo sottotitolo dell’installazione è «Aqua Alta».

Oltre alla nuova risonanza ecologica che Venezia porta all’installazione di Makov, la recente invasione potrebbe riaccendere i dibattiti sull’anacronismo del formato nazionalista della Biennale. L’ultra nazionalismo è l’ideologia che Vladimir Putin ha usato per giustificare la sua invasione, sostenendo che il suo intervento è nell’interesse degli ucraini etnicamente russi, in particolare nelle regioni separatiste di Donetsk e Luhansk, che il presidente russo ha ufficialmente riconosciuto come repubblica indipendente all’inizio della settimana.

Crisi russo-ucraina 2022

Pavlo Makov accanto a «The Fountain of Exhaustion» allestita sulle pareti della casa di Oleh Mitasov a Kharkiv, 1996 © Pavlo Makov. Cortesia dell'artista

Redazione GDA, 28 febbraio 2022 | © Riproduzione riservata

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