L’area archeologica di Sepino © Foto Ministero della Cultura

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L’area archeologica di Sepino © Foto Ministero della Cultura

Sepino paesaggio armonico ancora incontaminato

Enrico Rinaldi è il neodirettore del Parco Archeologico di Sepino, nuovo istituto autonomo voluto da Franceschini, un luogo poetico e ancora intatto con i resti di età romana

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Redazione GDA

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«Ho sentito la vocazione all’archeologia vedendo da bambino il plastico di Roma imperiale», confessa l’archeologo Enrico Rinaldi (Roma, 1969), neodirettore del Parco Archeologico di Sepino. Laureato presso «la Sapienza» e con un dottorato all’Università di Roma Tre, dopo aver lavorato a Ostia antica e a Pompei è passato alla Direzione generale dei Musei. Da qui il ministro della Cultura Dario Franceschini lo ha chiamato a guidare il nuovo istituto autonomo, istituito nel gennaio scorso. Nel 2019, scrive il Dicastero, la città romana nella valle del Tammaro e il Museo della città e del territorio hanno richiamato 27mila visitatori.

Rinaldi, qual è il suo progetto?
Il parco comprenderà l’area archeologica e il piccolo museo all’interno degli edifici settecenteschi costruiti sulla cavea del teatro. È inserito in un paesaggio armonico ancora intatto con i resti di età romana e molti edifici rurali del Settecento: questa fusione tra storia e natura genera fortissime suggestioni, si traduce nella poesia di un luogo incontaminato dove è possibile ritrovare sé stessi. Un contesto così prezioso richiede la massima salvaguardia e la minima alterazione possibile.

Il foro, il macellum (mercato) e il teatro: il sito ha punti di grande fascino.
Certo, sono importantissimi. Però la cerchia muraria racchiude una superficie di circa 12 ettari ancora in gran parte inesplorata. Una peculiarità di Sepino è proprio la cinta di età augustea perfettamente conservata, in parte restaurata tra il 1950 e il 1959 grazie a Valerio Cianfarani e al contributo di uno dei più grandi architetti prestati all’archeologia, Italo Gismondi.

Qual è lo stato di conservazione?
Buono. Restauri sono stati fatti sia contemporaneamente agli scavi dei primi anni ’50 di Cianfarani sia in epoca successiva. Ma, come in tanti altri contesti archeologici, si è fatta chirurgia, non medicina preventiva. Saranno necessari restauri e, soprattutto, una manutenzione programmata, costante e diffusa con piccoli interventi mirati ed eseguiti con ciclicità.

Il parco avrà un biglietto di ingresso?
Credo che in quanto parco autonomo debba essere regolamentato. Adesso è totalmente privo di servizi, non ha né un biglietto né recinzione. Dovremo renderlo più protetto senza alterare l’incredibile armonia tra storia e natura. Un piccolo biglietto di ingresso per servizi che oggi non abbiamo potrebbe incidere nella manutenzione.

Il teatro ospita già spettacoli?
Li ospita da parecchi anni, soprattutto nel periodo estivo, e continuerà a farlo. Credo anche che il parco sia un’occasione unica per utilizzare gli edifici relativi al teatro e quelli rurali dell’area recuperati dalla Soprintendenza molisana. Mi piacerebbe anche destinare una parte di questi edifici sia a ricercatori impegnati a Sepino sia a giovani artisti affinché traggano ispirazione per le loro creazioni. Vorrei che il parco si trasformasse in un luogo vivo e dinamico.

Un problema della zona sono i collegamenti pubblici.
È la nota dolente. Non ci sono adeguate indicazioni stradali, è difficile accedere al parco da una strada statale abbastanza pericolosa. In sinergia con le altre amministrazioni bisognerà migliorare sia la segnaletica sia i trasporti. Il mio compito è prendermi cura dell’intera dimensione museale del Parco di Sepino. Si tratta anche di mettere le comunità al centro del nostro progetto culturale, di cercare sinergie con tutti i soggetti culturali o istituti del territorio. L’altro mio scopo sarà trasmettere questo patrimonio divulgando. Vorrei vedere i monumenti con gli occhi dei visitatori.

Qual è stata la sua esperienza a Ostia antica e a Pompei?
A Ostia ho diretto per anni la bonifica della vegetazione infestante. È una situazione che ritroviamo a Sepino: una parte delle mura è coperta da rampicanti in grado di provocare dissesti meccanici e strutturali. Ho poi cercato di migliorare questa attività a Pompei mettendo in pratica i dettami di un grande storico dell’arte e direttore dell’Istituto Centrale del Restauro come Giovanni Urbani.

Quante persone occorrono?
Almeno 60-70 persone, lo standard di un museo e parco archeologico autonomo. Bisogna puntare a un organico di qualità, soprattutto giovane, motivato e in linea con il progetto gestionale che sarà improntato su percorsi nuovi e anche un po’ coraggiosi. Attualmente non c’è nessuno.

Come è nato il suo interesse per l’archeologia?
L’archeologia è sempre stata la mia grande passione. Ho avuto la vocazione in quinta elementare visitando il plastico straordinario di Roma imperiale fatto da Gismondi al Museo della Civiltà Romana. L’altra mia passione è il pianoforte che ho studiato per dieci anni: è il mio risveglio dell’anima e continuo a praticarlo e studiarlo in silenzio.

L’area archeologica di Sepino © Foto Ministero della Cultura

Il teatro dell’area archeologica di Sepino

L’area archeologica di Sepino

Redazione GDA, 11 aprile 2022 | © Riproduzione riservata

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