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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliIl Ponte riapre con la mostra di Raffaele Luongo (dal 4 febbraio all’1 aprile), «Andrea sposta la cassa scura e io sposto quella chiara fino ad ottenere un allineamento del suono», composta dalle opere allestite nei due piani della galleria: «Achille e la tartaruga», «Io sono Achille» e «Così fu quella volta che quasi incontrammo il dottor Isak Borg», con riferimento al protagonista del film di Ingmar Bergman «Il posto delle fragole».
Una mostra che l’artista stesso dice fondarsi sull’idea di creare «presenza» nel passato «su una musica ricavata dal diario della costruzione di due sculture/sul rappresentare come colori le azioni che producono le opere».
Luongo ci chiede di immaginare noi stessi come soggetti che fruiscono il reale da un piano diverso «esattamente come facciamo quando ci spostiamo a lato per vedere il teschio degli ambasciatori di Holbein. [...] Le partiture trasformano le azioni in frequenze e successivamente in note musicali o in colori: lo spostamento espande il mio punto di vista».
Mescola storie personali (la Renault del padre e quella del dottor Borg), film, fumetti, drammi storici e storie di cambiamenti sociali per rappresentare un modello di relazioni spaziali e temporali «che esiste su piani diversi del reale, incommensurabili tra loro e che penetrano in modo diverso la nostra coscienza».
Tutto nasce dall’idea di correlazione delle cose esistenti come facenti parte di un’unica trama. Le azioni di un’intera vita sono viste da un «mondo successivo» e si rappresentano, spiega sempre Luongo, «attraverso le frequenze dei suoni con le quali ci vengono restituite e attraverso la scansione del testo che le narra, sullo spettro cromatico».

«Così fu quella volta che quasi incontrammo il dottor Isak Borg», di Raffaele Luongo
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