Per il XIX secolo andremo a Pescara

Un centinaio di autori nel nuovo Museo dell’Ottocento dei collezionisti Di Persio e Pallotta

Una sala del Museo dell’Ottocento-Fondazione Di Persio Pallotta. Cortesia Museo dell’Ottocento-Fondazione Di Persio Pallotta, Pescara
Stefano Miliani |

Questa vicenda inizia nel 1987 quando Venceslao Di Persio e Rosanna Pallotta acquistarono il «Ritratto di Mrs. Fry» dipinto nel 1907 da Antonio Mancini, romano e napoletano d’adozione. Da allora i coniugi hanno costruito una collezione dell’Ottocento di altissimo livello con centinaia di dipinti italiani, soprattutto del Sud Italia, e francesi, raccogliendo nomi noti al grande pubblico come Courbet, De Nittis e Zandomeneghi, accanto a meno noti e di grande qualità come Domenico Morelli o Francesco Paolo Michetti.

Adesso la coppia espone una cospicua scelta di quadri nel neonato Museo dell’Ottocento-Fondazione Di Persio Pallotta lungo viale Gabriele D’Annunzio, in un elegante palazzo di primo Novecento già della Banca d’Italia che, non senza penare, Di Persio (costruttore di professione) ha ristrutturato e adeguato ai criteri espositivi. Con un centinaio di autori distribuiti per temi e scuole su due piani, il museo comprende una sala studio e una biblioteca, mentre il terzo piano è per le conferenze e ha una foresteria per giovani studiosi, perché la Fondazione si offre anche come centro di ricerca.

Carlo Sisi, già direttore della Galleria d’arte moderna a Palazzo Pitti a Firenze, conosce questo patrimonio: «Venceslao Di Persio, con l’intelligente supporto della moglie Rosanna Pallotta, ha formato nel tempo una collezione di grande respiro, in grado di documentare la pittura meridionale dell’Ottocento con opere di notevole rilievo storico-artistico (di Francesco Saverio Altamura, Michele Cammarano, del commovente Francesco Mancini, per citare solo alcuni autori) poste in relazione con i numerosi dipinti della scuola di Barbizon, scelti a dimostrare la fraternità stilistica con i maggiori protagonisti della scuola napoletana interessati soprattutto alle novità di luce e alla presa diretta sulla realtà». Su Di Persio Sisi rimarca come «sappia muoversi nel collezionismo internazionale (è nota la sua singolare passione per le cornici dal XVI al XIX secolo) e si sia sempre dimostrato generoso con gli studiosi, prestando le opere a mostre nazionali e internazionali».

Per la presentazione la coppia si è affidata a Vittorio Sgarbi che, nel suo testo in catalogo, giudica «la raccolta un grande museo pubblico, sotto specie di Fondazione, e, nella latitanza della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, il più importante museo dell’Ottocento dell’Italia centrale, l’unico che corrisponde alla compiuta Unità, ovunque tradita».

Tra i vari pregi Sgarbi ravvisa per esempio come abbia un ruolo da protagonista la pittura napoletana e, di conseguenza, la Scuola di Posillipo. E su Di Persio e Rosanna Pallotta? Hanno creato la collezione con «conoscenza, passione, amore per la caccia, denaro» e e la espongono «“per” la comunità» grazie a «pazienza sovrumana e determinazione». Perché le ragioni del museo, scrive, risiedono nella «doppia ansia, schiava d’amore, nel collezionista: avere per sé l’amato bene, e, contemporaneamente, volere che sia di tutti attraverso lo sguardo».

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