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Pennello e cervello

Sodalizio Boetti e Salvo: sotto il segno dell’ironia concettuale

Sul finire degli anni Sessanta Torino era un laboratorio artistico di prim’ordine, luogo di elaborazione dei codici inediti e sovversivi dell’Arte Povera. Galleristi lungimiranti e colti come Sperone, Pistoi (della galleria Notizie) e Christian Stein  offrivano ai giovani artisti luoghi d’incontro e di dibattito, cementando i loro legami intellettuali e umani. Dal 1969 al 1971 Alighiero Boetti (1940-94) e Salvo (Salvatore Mangione, 1947-2015) condivisero anche lo studio, in corso Principe Oddone 88, e trascorsero quegli anni, come avrebbe rammentato molto tempo dopo Salvo, «lavorando e giocando». «Boetti-Salvo. Vivere lavorando giocando» è il titolo della mostra che il Masi-Museo d’arte della Svizzera italiana, nel Lac-Lugano Arte Cultura, dedica dal 9 aprile al 23 luglio ai due artisti amici, ponendo l’accento, nelle prime sezioni («Immagine del sé», «Fare frasi», «Tautologie», »Pensare il tempo», «Mappe»), sul sodalizio che li unì all’inizio del loro percorso, e poi sulle specificità sviluppate da ognuno negli anni successivi.

Grazie alla collaborazione con l’Archivio Boetti (guidato da Agata Boetti) e l’Archivio Salvo (che fa capo a Norma Mangione, figlia dell’artista e gallerista, e a Cristina Tuarivoli), la mostra esibisce 150 opere dei due artisti, prestate da musei, gallerie e collezionisti privati, oltre a una vera messe di documenti, spesso inediti, che entrano a pieno titolo a far parte del progetto espositivo.

Nel tratto di percorso comune, Boetti s’interrogava soprattutto su temi come l’identità dell’artista, l’autorialità, la messa in scena del soggetto, il suo raddoppiarsi e il suo venir meno, ed esplorava il concetto del tempo da un lato, dell’ordine-disordine dall’altro, in cerca di criteri capaci di ordinare il caos. Nello stesso periodo, fino al 1972, Salvo, più giovane di lui di sette anni, lavorava (con ironia) intorno al proprio Ego, con fotografie concettuali, lapidi e ricami con enunciati verbali. Poi, intorno al 1973, impresse una virata al suo lavoro e, sconcertando i galleristi, negli anni del concettualismo più radicale, scelse una pittura figurativa debitrice dell’antico, ma resa essenziale, come «depurata», e immersa in atmosfere neometafisiche. La seconda parte del percorso s’intitola «Infinita varietà del tutto» e segue i due nella pratica concettuale di Boetti e in quella pittorica di Salvo, ricche entrambe di stimoli per gli artisti delle generazioni successive.

Nel vicino Spazio -1. Collezione Giancarlo e Danna Olgiati (anch’esso parte del circuito del Lac), i due collezionisti, con Bettina Della Casa, hanno ordinato la mostra «Torino 1966-1973», un’indagine, svolta attraverso un nucleo delle loro magnifiche opere, arricchite da importanti prestiti esterni, che ricompone il contesto nel quale presero corpo le opere di Boetti e Salvo, sin dalle più precoci formulazioni dell’Arte povera. In mostra scorrono una trentina di storici lavori di Anselmo, Calzolari, Gilardi, Mario Merz, Marisa Merz, Paolini, Penone, Piacentino, Pistoletto, Prini, Zorio, oltre a Boetti e Salvo.

«Craigie Horsfield. Of the Deep Present» è infine la personale curata per il Masi-Museo d’arte della Svizzera italiana dal suo direttore Marco Franciolli, in corso al Lac sino al 2 luglio. La mostra compie una ricognizione sul lavoro dell’artista britannico (1949) che dagli anni Ottanta indaga sulla natura dell’immagine fotografica, creando lavori che si pongono al confine con la pittura, anche per l’uso di supporti inusuali: arazzi monumentali, affreschi, stampe dry print su carta d’acquarello, tessuti, metalli. Per questa mostra l’artista ha realizzato un progetto specifico, segnato dal suo consueto approccio «umanistico» all’altro, fatto di dialogo e di empatia e teso a scoprire ciò che sta «sotto» all’apparenza. Si spiega così la fascinazione esercitata da un’opera come «Above the Bay of Naples» (2012), che mostra una nave in fiamme nel golfo di Napoli su un cupo cielo notturno, o dalle sconvolgenti immagini di Ground Zero, a New York, sotto una coltre di neve.

Ada Masoero, 06 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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Pennello e cervello | Ada Masoero

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