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Parlano i direttori dei venti supermusei: le Gallerie degli Uffizi a Firenze

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Laura Lombardi

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Eike Schmidt guida il nuovo «polo unico» che accorpa Uffizi, Pitti, Corridoio Vasariano e Boboli. E considera un «vantaggio» avere molti sindacati

Eike Schmidt, 47 anni, tedesco di Friburgo in Brisgovia, è il nuovo direttore delle Gallerie degli Uffizi, il nome del complesso che ingloba in un unico polo la Galleria degli Uffizi, il Corridoio Vasariano e i vari musei di Palazzo Pitti, compreso il Giardino di Boboli. Nella classifica del 2015 di «Il Giornale dell’Arte», gli Uffizi sono al terzo posto nella top ten dei musei più visitati, con 1.971.596 divisitatori; il Circuito Museale Boboli e Argenti è al sesto posto con 860mila. 

Specialista di scultura toscana del Cinque e Seicento, e anche autore di saggi sulla pittura italiana del Rinascimento, Schmidt è stato curatore alla National Gallery of Art di Washington, al J. Paul Getty Museum di Los Angeles, direttore per l’Europa alla Sotheby’s di Londra, e direttore del dipartimento di Scultura e Arti decorative al Minneapolis Institute of Art, dove ha curato mostre e acquisti importanti (in pochi anni, sette volte menzionati nella lista degli acquisti dell’anno per la rivista «Apollo»). Schmidt è stato colto di sorpresa dalla chiamata del ministro Franceschini: pur sperandoci, non se l’aspettava, 

Come vede la tanto dibattuta autonomia e che cosa teme del suo arrivo a Firenze, come «straniero»? 

Considero l’autonomia soprattutto come autonomia di bilancio, gestita da un gruppo: il Cda è infatti composto da cinque membri (oltre al sottoscritto, ci sono Stefano Casciu, Claudia Ferrazzi, Lorenzo Casini e Paolo Fresco), un numero non troppo ampio che permette di lavorare bene; vi è inoltre un Comitato scientifico, e tutte le decisioni sono prese ascoltando i vari punti di vista. In quanto straniero ero stato messo all’erta riguardo alle difficoltà di rapporti con i sindacati, ma ho trovato un buon dialogo, e il fatto che non vi sia un solo sindacato, come invece succede all’estero, rende più costruttiva la discussione dei problemi. 

A che punto è l’attivazione del famoso «Percorso del Principe», che da Palazzo Vecchio porta a Palazzo Pitti passando per il Corridoio Vasariano?

Sono favorevole al progetto, perché riprende la connessione storica fra i tre edifici. Ma anche con il Giardino di Boboli: infatti all’estremità meridionale il Corridoio Vasariano si biforca in due uscite diverse, una che introduce direttamente nei musei di Palazzo Pitti, l’altra che invece sfocia a Boboli, consentendo ai visitatori di optare anche per un tipo di visita più «olistica» che comprende sia l’arte sia la natura. Per realizzare il percorso sarà necessario un accordo tra il Comune e il Ministero, e occorrono lavori di restauro architettonico, che per via delle cifre previste richiederanno una gara d’appalto.

Sarà un percorso di difficile realizzazione e per forza «a senso unico».

Come vediamo dalle visite guidate di gruppi che si svolgono adesso, il fascino del Corridoio Vasariano è tale che nemmeno nel caso di maltempo l’idea di un ritorno per le strade cittadine sotto la pioggia scoraggia la gente. Per fortuna il tempo a Firenze è spesso migliore rispetto a quasi tutto il resto del mondo, specialmente in alta stagione durante l’estate.

In futuro agli Uffizi potrebbe essere usato il nome «Galleria delle Statue», ma se un turista cerca Botticelli non pensa di trovarlo sotto questa dicitura.

Il nome «Galleria delle Statue» è quello storico degli Uffizi, in uso fino agli anni ’90 dell’800. Ma non sostituisce il nome degli Uffizi. In una mostra, sui cartellini con i numeri d’inventario, e in alcuni altri contesti può essere utile o necessario aggiungere una collocazione specifica dopo la denominazione «Gallerie degli Uffizi», che è il nostro nome ufficiale, in base al decreto ministeriale di riforma.
È già uso decennale di unire la designazione specifica «Gabinetto Disegni e Stampe» al nome degli Uffizi. E non dimentichiamo che anche il magnifico edificio che ospita Botticelli, e che alcuni storici dell’arte preferiscono intitolare «il complesso vasariano», nella lingua comune invece è noto come «gli Uffizi», «los Oficios», «les Offices» e così via.

Altro annoso problema è quello dei restauratori: quelli degli Uffizi sono stati assegnati al Polo regionale. E gli altri che collaboravano come privati? 

Nonostante il trasferimento dei restauratori in un’altra struttura statale vorremmo continuare a collaborare con loro, attraverso un accordo con il Polo regionale, ma anche con i restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure, che è famoso in tutto il mondo per le sue tecnologie d’avanguardia e per il rigore scientifico della ricerca. Ma il personale statale non basta per eseguire tutti i restauri necessari. Introdurremo quindi una procedura che regola la scelta dei restauratori privati secondo i criteri specificati per ogni progetto: per un’attività così sensibile la decisione non può certo basarsi solo sul prezzo più basso.

Per gli allestimenti futuri delle sale confermerà la scelta delle cromie diverse a seconda dei periodi storici, avviata dall’ex direttore Antonio Natali?

Il mio primo atto d’ufficio è stato incaricare Antonio Natali di sovrintendere all’allestimento delle sale, e ovviamente i colori saranno una scelta sua. Conto che l’amico che conosco dagli anni ’90, e che stimo molto, sarà sempre prodigo di consigli anche dopo aver raggiunto l’età del pensionamento nell’agosto prossimo.

Quali sono le urgenze degli Uffizi, oltre a «mettere al riparo» opere per le quali sarà esclusa la possibilità del prestito? 

La necessità più immediata è la riforma amministrativa, che deve compiersi attraverso responsabilità unite e trasversali. Quella più importante è il miglioramento dell’esperienza dei visitatori, e di considerare le necessità, le aspettative e gli interessi molto diversi di persone che vengono da tutti gli angoli del mondo, che possono essere bambini, ragazzi, adulti o anziani, con una varietà di formazioni professionali e di convinzioni religiose e politiche. Tutti sono alla ricerca di qualcosa di unico e di straordinario nell’incontro con le opere d’arte.

Venendo dall’estero dove si attribuisce molta importanza alla didattica, pensa di incrementarla?

Non solo di incrementarla ma di potenziarla in maniera decisiva, di raggiungere nuovi gruppi finora poco coinvolti (si pensi solo ai portatori di handicap) e di attivare anche le nuove tecnologie, perché non tutti hanno il privilegio di permettersi una persona che li guidi, e specialmente tra i giovani il cellulare con le sue app è il metodo preferito per relazionarsi al mondo. 

E per le mostre?

Per il 2016 stiamo preparando una decina di mostre tra Uffizi e Pitti. La prima, «Fece di scoltura di legname e colori», aprirà il 21 marzo e sarà dedicata alla scultura del Quattrocento in legno dipinto a Firenze.

Cambierà qualcosa rispetto ad ora, con il biglietto del museo aumentato in occasione di mostre, in modo che una parte dei proventi vada alla ditta concessionaria dei servizi?

Con il Ministero stiamo preparando le nuove gare per i servizi aggiuntivi nell’estate 2016, e in questa occasione potremo riformulare molti punti che ora sono vincolati dai vecchi contratti. Per esempio, la possibilità di comprare un biglietto solo per la mostra, senza la necessità di unirlo alla visita al museo, servirà molto a risanare il rapporto tra gli Uffizi e i fiorentini, che vorrebbero venire più volte all’anno senza mettersi in fila con le masse dei turisti, specie durante i giorni di festa.

Per concludere: non le sembra un peccato che la riforma Franceschini abbia smembrato un’entità storicamente fondata come il Polo museale?

Non c’è alcuno scollamento tra territorio e museo, e la valorizzazione non è scindibile dalla tutela e dallo studio, anzi. Il fatto che nei Cda dei musei autonomi sia sempre presente il direttore del Polo regionale (nel caso della Toscana è Stefano Casciu) conferma che già a Roma abbiano pensato alla riforma in questi termini. Dalla prassi amministrativa di questi miei primi mesi e da quello che ho osservato, non vedo alcuno sradicamento dalla realtà locale, ma invece il vantaggio di un rapporto più diretto e veloce con il Ministero.

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Laura Lombardi, 20 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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