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Parigi: non solo Pinault e Arnault

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Quando, nel 2014, Bernard Arnault inaugurò la Fondation Vuitton nell’ardito edificio di Frank Gehry, molti osservatori avevano identificato nel patron del Gruppo Lvmh la figura del mecenate contemporaneo, alla stregua dei grandi mecenati del passato. Arnault a Parigi oggi come i Medici a Firenze nel ’400. Ma il collezionista miliardario investiva nell’arte prima di aprire il suo museo privato. Dal 2007 sostiene il ciclo Monumenta al Grand Palais. Nel 2008 aveva finanziato la mostra «Picasso et les maîtres» del Grand Palais, quella sugli Impressionisti e la moda, nel 2012, al d’Orsay. Aprendo la fondazione per esporvi la sua collezione d’arte contemporanea, l’uomo d’affari si è trasformato anche in committente, chiedendo ad artisti come Olafur Eliasson o Ellsworth Kelly di realizzare opere inedite per lui.

È anche andato più lontano aprendo il museo alla Fashion week per il défilé della maison Vuitton, suggellando definitivamente il legame tra arte e moda. In Francia, precursore in materia era stata la maison Cartier, che già nel 1984 aveva creato la sua fondazione a Jouy-en-Josas, nella regione di Parigi, per trasferirsi in centro, dieci anni dopo, nell’edificio disegnato da Jean Nouvel.

Da parte sua la Fondation Hermès, fondata nel 2008, collabora da anni con il Palais de Tokyo per accogliere giovani artisti in residenza e finanzia mostre, tra cui quella recente sul Bauhaus al Musée des Arts Décoratifs. Nel 2018 si concretizzerà il progetto parigino di François Pinault che, dopo il Palazzo Grassi e la Punta della Dogana a Venezia, aprirà una sede della sua Fondazione nell’edificio della ex Bora del Commercio, nel quartiere di Les Halles. Ricorrere a donatori privati è un’operazione frequente per i musei francesi, resa più facile dalla legge Aillagon del 2003 che allegerisce la fiscalità delle fondazioni e garantisce sgravi fiscali ai donatori.

Uno dei mecenati affezionati della Reggia di Versailles è Dior, che attualmente partecipa al restauro della Fattoria di Maria Antonietta, mentre Christian Lacroix appoggia il Palais Galliera-Musée de la mode e Giorgio Armani è partner del Cercle des Femmes mécènes del Musée d’Orsay. Sono sempre più numerosi i musei che aprono le porte ai grandi marchi del lusso e della moda. È questo un’altra faccia del mecenatismo culturale.

Nel 2012 Salvatore Ferragamo aveva reso possibile la mostra del Louvre dedicata alla «Sant’Anna, la Vergine e il Bambino», il capolavoro di Leonardo che era stato appena restaurato. In cambio lo stilista italiano aveva potuto far sfilare le sue top model ai piedi delle colonne dell’ala Denon. Per il Louvre era stata una prima assoluta. Tra i luoghi culturali preferiti dalle maison di moda c’è il Grand Palais, che sotto il grande tetto di vetro ha allestito nel 2012 la mostra «La petite robe noire» di Chanel.

Nel 2013 ha presentato gli accessori di moda e i gioielli di Cartier e nel 2015 ha accolto la mostra itinerante su Jean-Paul Gaultier. In alcuni casi la sede della fondazione si trasforma in museo. Per il prossimo autunno è già annunciata l’apertura del Musée Yves Saint Laurent nei locali della Fondation Pierre Bergé, a Parigi (Aurélie Samuel è la nuova direttrice delle collezioni): uno dei rari musei in Francia dedicati a uno stilista, con il Musée Christian Dior di Granville.

Redazione GDA, 20 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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