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Nulla di personale

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Franco Fanelli

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Telefonando al suo amico Duilio Gama Pircagni, affermato artista per complimentarsi con lui per la sua imminente personale in una nota galleria italiana, il chiamante avverte, dall’altro capo del cellulare, l’inconfondibile silenzio che sempre accompagna un’inarrestabile caduta dalle nuvole: l’artista, infatti, confessa che è venuto a sapere della mostra solo in quel momento, in virtù della telefonata. Che cosa è successo? Che la galleria, venuta in possesso di un nucleo di opere del Gama Pircagni, ha programmato una sua «personale».

Siccome non esiste al mondo alcuna legge che proibisca il libero commercio di oggetti di cui si è entrati lecitamente in possesso, fossero anche opere d’arte, né l’esposizione delle stesse, l’artista in questione nulla può opporre, se non l’assenza dalla vernice alla quale, probabilmente, non è stato neanche invitato, visto che il gallerista, scordando qualsiasi galateo, non lo aveva preventivamente avvertito dell’intenzione di esporne le opere.

Caso mai, l’artista potrebbe obiettare su quella definizione di «mostra personale» con cui l’esposizione è annunciata nei comunicati stampa. Una personale, in effetti, richiederebbe almeno due condizioni: la volontà dell’artista di esporre e la possibilità di sapere ciò che viene mostrato. Ma anche in questo caso dubitiamo che un qualsiasi giudice, se il caso finisse in tribunale, si addentrerebbe in simili sottigliezze.

La verità è che chiunque sia possessore anche di poche o delle peggiori opere mai prodotte da un artista è in diritto di esporle e venderle impunemente sotto etichette quali «antologica», «retrospettiva», «monografica» ecc. Ma una mostra non è soltanto un’iniziativa commerciale. Per certi versi può essere paragonata a un testo, attraverso il quale si offre una interpretazione o valutazione dell’opera di un artista.

Pensate alla quantità di croste, tele autografe ma abortite, falsi e tante, troppe opere da collezione privata in attesa di definitiva consacrazione che costellano, con differenti gradi di concentrazione a seconda dei curatori e delle mostre, il circo espositivo pubblico e privato dell’arte antica, moderna e contemporanea.

Che sia un seicentesco o un futurista, la vittima è sempre l’artista, come lo sarebbe uno scrittore defunto il cui poema o romanzo fosse ripubblicato in una traduzione sciatta o in un’edizione parziale, magari col finale cambiato: Renzo potrebbe ripudiare Lucia, Raskolnikov farla franca e Ulisse aprire un Club Mediterranée. Che la vittima sia un artista vivente è ancora più desolante e il fatto qui raccontato, realmente accaduto, la dice lunga circa la disinvoltura con cui si muove oggi il mercato dell’arte.

Coraggio, maestro Gama Pircagni, si consoli: non tanto con le spettanze che forse le saranno versate, in caso di vendita, con il droit de suite ma almeno con la consapevolezza che, chi ha visto la mostra, racconta di opere più che dignitose.

Franco Fanelli, 15 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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