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Non strappate lo street artist

Federico Florian

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150 opere di Banksy (nessuna prelevata dai muri) a Palazzo Cipolla

«Nessun animale è stato maltrattato durante la produzione di questo film»: c’è una certa analogia tra questa rassicurante avvertenza nei titoli di coda e quanto precisato nel comunicato stampa che annuncia a Palazzo Cipolla una personale di Banksy: «Tutte le opere presenti provengono da collezionisti privati internazionali e nessuna opera è stata sottratta alla strada».

Quindi la poetica del più celebre e misterioso street artist del mondo non è stata violentata: l’arte nata per le strade deve restare dov’è, nonostante le ragguardevoli quotazioni raggiunte (record d’artista, 1,87 milioni di dollari a un’asta Sotheby’s a New York nel 2008) da un pittore che, come il suo ormai lontano predecessore Basquiat, non disdegna la più commerciabile produzione su tela. Così, fino al 4 settembre, si possono vedere 150 opere, incluse 50 copertine di dischi, sui temi cari all’autore, «Guerra Capitalismo & Libertà». Dipinti, stampe, sculture e oggetti (con inediti) sono stati messi insieme senza che «l’artista noto come Banksy» sia «associato né coinvolto in questa esposizione», promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo che, presieduta da Emmanuele Francesco Maria Emanuele, opera in campo sociale, sanitario, educativo e culturale, oltre a supportare la ricerca scientifica.  

La rassegna è curata da Acoris Andipa, dell’omonima galleria di Knightsbridge a Londra, che dal 2006 espone e vende le opere di Banksy e che nel 2007 ha ottenuto un afflusso di 36mila visitatori in tre settimane per una mostra del suo pupillo (300mila sono quelli accorsi nel 2009 al Bristol Museum & Art Gallery), e da Stefano Antonelli e Francesco Mezzano, fondatori della 999 Contemporary, istituzione privata senza scopo di lucro che sostiene l’arte urbana. Sfilano così, vagliati dal Pest Control, l’organismo che vigila sull’autenticità delle opere dell’artista, le iconografie più note del «maestro dello stencil», dai topi giganti ora bellicosi ora innamorati, scimmie come uomini-sandwich portatrici di messaggi di protesta, poliziotti e citazioni dal vasto repertorio offerto dalla storia dell’arte (Banksy non ha risparmiato né Vermeer né Leonardo, con la nota Monna Lisa armata di bazooka). 

Inutile dire che all’inaugurazione l’artista non era presente; e se lo fosse stato, nessuno se ne sarebbe accorto: l’uomo di cui si sa soltanto che è nato a Bristol nel 1974 (e a cui il Queen Mary Institute, seguendo i metodi della polizia scientifica, avrebbe dato un nome, Robin Gunningham) potrebbe essere mescolato al pubblico o magari, davanti all’ingresso di Palazzo Cipolla, è un venditore ambulante che per 50 euro vende opere di Banksy, come ha già fatto nel 2013 a New York: un iperdadaista postgraffitista diventato neosituazionista.

Federico Florian, 17 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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