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«Le Carceri d’Invenzione» (1750) di Giovanni Battista Piranesi (particolare)

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«Le Carceri d’Invenzione» (1750) di Giovanni Battista Piranesi (particolare)

Non esiste un solo Giambattista Piranesi

Incisore, editore, architetto, archeologo, antiquario, polemista, restauratore, collezionista: una personalità poliedrica che continua a riservare sorprese

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Franco Fanelli

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Nel 2020 le celebrazioni per il terzo centenario della nascita di Giambattista Piranesi (1720-78) protagonista assoluto del Settecento, hanno avuto come centro propulsore l’Istituto Centrale per la Grafica, che conserva il corpus quasi completo delle matrici incise da lui e dalla sua attivissima bottega.

E nella stessa istituzione è nata l’idea di un volume multimediale che potesse indagare, con tutte le straordinarie potenzialità iconografiche e testuali dei prodotti di questo tipo, la complessità e la molteplicità del mondo piranesiano. Ne sono curatrici Maria Cristina Misiti, che ha diretto l’Istituto nel periodo coincidente con l’anno piranesiano, e Giovanna Scaloni, studiosa interna al museo di via della Calcografia, nonché attiva, con Ginevra Mariani, nel «Progetto Piranesi», il gigantesco lavoro di studio e restauro delle matrici pubblicato (ma i lavori sono ancora in corso) in quattro volumi. «Abbiamo chiamato a raccolta le istituzioni e gli amici che nei decenni di storia dell’Istituto ci sono stati vicini in un lavoro su Piranesi che ha preso avvio negli anni Sessanta, quando Maurizio Calvesi divenne direttore della Calcografia Nazionale, spiega Giovanna Scaloni, quindi hanno contribuito specialisti e appassionati, studiosi e amatori».

La Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid, che ha maturato negli anni una notevole esperienza nell’editoria e nella catalogazione digitali, si è rivelata partner prezioso. Gli argomenti trattati da una trentina di autori spaziano dalle «Carceri», riesplorate da Silvia Gavuzzo-Stewart ma anche, analizzandone la tecnica con l’uso delle immagini Rti (Reflectance Transformation Imaging) da Lucia Ghedin e Sofia Menconero, all’urbanistica piranesiana, con gli studi sulle tavole del «Campo Marzio» di Victor Plahte Tschudi e della stessa Scaloni.

E ancora: dalle legature dei volumi che contengono le grandi acqueforti (Gabriella Pace) all’influsso di Piranesi su alcuni artisti contemporanei (Kounellis e Kentridge fra gli altri) nel saggio di Antonella Renzitti. Si entra poi, con il contributo di Pierluigi Panza, nel «pastiche» come una delle belle arti, pratica coltivata nell’attività di designer e antiquario di Piranesi; oppure nella completezza del fondo di matrici piranesiane ritornato a Roma nel 1839 dopo il trasferimento a Parigi a opera del figlio Francesco: Giulia De Marchi ricorda che in quelle casse ben 300 rami sono opera di incisori precedenti o coevi ai Piranesi. «I» Piranesi appunto: Bénédicte Maronnie, giovane studiosa svizzera, offre infine un ruolo nell’affollata scena di Palazzo Tomati presso Trinità dei Monti, sede dell’azienda di famiglia, alla primogenita dei cinque figli del dispotico Giambattista, Laura, acquafortista anch’essa ma scomparsa intorno ai trent’anni.

Giambattista Piranesi. Sognare il sogno impossibile,
a cura di Maria Cristina Misiti e Giovanna Scaloni, Istituto Centrale per la Grafica, Roma 2023

«Le Carceri d’Invenzione» (1750) di Giovanni Battista Piranesi (particolare)

Franco Fanelli, 03 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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