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Motherwell nasce in un collage

La Galleria d’arte Maggiore propone dal 4 febbraio all’8 aprile una vasta rassegna dedicata all’opera di Robert Motherwell (Aberdeen, Washington 1915 - Provincetown, Massachusetts 1991) attraverso un nucleo di dipinti, stampe e collage

Stefano Luppi

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La ricerca di questo protagonista assoluto dell’Espressionismo astratto americano (nella sua versione più lirica e «filosofica»), noto per le forme semplificate che creano netti contrasti sul piano, è documentata dalla curatrice Alessia Calarota con una serie di lavori che ben documentano anche l’influenza sulle generazioni successive la sua.

Ma di Motherwell (che appare nella celebre fotografia di gruppo scattata nel 1951 da Nina Leen e dedicata agli «Itascibili», la generazione storica dell’Espressionismo astratto, insieme a, fra gli altri, Pollock, De Kooning, Rothko e Clyfford Still) la rassegna bolognese mette in mostra in particolare la sua assimilazione giovanile per le esperienze cubista e surrealista e soprattutto l’approdo a una pittura gestuale in cui l’astrazione e l’interesse per il dato formale non gli impediscono di inserire tematiche personali, politiche e letterarie nei suoi lavori.

L’artista, peraltro, concordava con il filosofo Alfred North Whitehead, secondo il quale «Tanto più alto è il grado di astrazione, tanto più basso è il grado di complessità». Motherwell, dopo studi alla California School of Fine Arts di San Francisco e lauree alla Stanford University e poi ad Harvard, esordisce dal punto di vista espositivo non giovanissimo, quasi trentenne, nel 1944, presso uno dei templi dell’arte moderna americana come la galleria Art of this Century di Peggy Guggenheim a New York.

L’influenza della mecenate e collezionista americana fu subito determinante, visto che fu proprio grazie agli incoraggiamenti di Peggy e di Roberto Sebastián Matta che Motherwell diede vita ai suoi primi esperimenti con la tecnica del collage, quest’ultimo un fondamentale versante della ricerca di Motherwell, esplorato nel 2013 da un’eccezionale retrospettiva alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia. Il collage era per il pittore americano un terreno di sperimentazione e di messa a punto compositiva così importante che più tardi non esitò a dichiarare: «Grazie a ciò trovai la mia identità».

L’interesse critico e collezionistico per la sua arte a seguito dell’esposizione della Guggenheim fu pressoché immediato, tanto che pochi mesi dopo quella rassegna in galleria il MoMA acquisirà una sua opera anche se attenderà quasi vent’anni per dedicargli a sua volta, nel 1965, una mostra monografica.

Stefano Luppi, 02 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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Motherwell nasce in un collage | Stefano Luppi

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