Max Ernst il ladro

I furti (dichiarati) di segni di ogni epoca alla Scharf-Gerstenberg Sammlung

Max Ernst, «L'oiseau rose», 1956, olio su tela, Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie. © VG Bild-Kunst, Bonn 2018. Bpk - Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie - Jörg P. Anders
Francesca Petretto |  | Berlino

Non sarebbe dispiaciuta a Max Ernst questa casualità, ovvero che il portale del tempio egizio di Kalabsha si trovi per ora all’ingresso della Scharf-Gerstenberg Sammlung anziché nella sede eletta di un Pergamonmuseum ancora in restauro.

Fatto sta che la curatela della mostra a lui dedicata, «Max Ernst, Zeichendieb», che dal 6 dicembre al 28 aprile vi sarà allestita, ne ha voluto tenere conto, trattandosi di una fonte d’ispirazione per l’artista tedesco e per i suoi colleghi simbolisti e surrealisti e di una soglia mistica per accedere al loro onirico mondo di segni.

Geroglifici, messaggi cifrati, cabala, astrofilia, scrittura automatica: tutto ciò si combina in collage, frottage e grattage di un Max Ernst che amò definirsi, più che creatore e inventore, «ladro di segni» (Zeichendieb), presi da un millenario serbatoio di idee. Una sua opera del 1964 rivela una scrittura cifrata ideata per una
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