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Manierismo postmoderno

Federico Florian

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Pablo Bronstein rivisita e contamina il Rinascimento italiano

Se nelle Vite Giorgio Vasari sosteneva che l’opera manierista deve contenere in sé «la varietà di tante bizzarrie», nonché «la vaghezza de’ colori» e «una invenzione copiosa di tutte le cose», i lavori di Pablo Bronstein, artista londinese di origini argentine, classe 1977, sono senz’altro ascrivibili a una forma postmoderna di manierismo, che individua in un passato piuttosto remoto (l’architettura europea dal Rinascimento al Settecento, per la precisione) un’inesauribile fonte d’ispirazione.

«Studi di scomposizione manierista», non a caso, è il titolo della sua prima retrospettiva in un’istituzione italiana, al Museo Marino Marini fino al 20 febbraio: un campionario di raffinatissime rielaborazioni, sotto forma di disegni e maquettes, del Tempietto del Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti nella Cappella Rucellai, che è parte del percorso di visita del museo fiorentino. Bronstein costruisce un resoconto storico immaginario dell’opera di Alberti; la contamina in perfetto stile manierista, apportandovi immaginari elementi decorativi quali nicchie, colonne e aperture; ne reinventa parzialmente la struttura rivelando un’esuberante sensibilità da connoisseur.

In mostra sono esposti modellini del Tempietto in scala ridotta, realizzati mediante complesse tecniche di stampa e rendering 3D, insieme a eleganti disegni classicheggianti circondati da splendide cornici antiche: in questi ultimi, ad esempio, il tempietto di Alberti è raffigurato come un’icona popolare, trasportato su carri barocchi per le strade di Firenze.

L’arte di Bronstein, anacronistica e visionaria, introduce il visitatore a un mondo d’artificio, fondato su quella che Castiglione definiva «sprezzatura», la naturalezza fittizia oggetto di uno dei video in mostra («Origin of Sprezzatura», 2010). Un’arte appassionata, che ci ricorda le straordinarie potenzialità creative dell’immaginazione.

Federico Florian, 15 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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Manierismo postmoderno | Federico Florian

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