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Federico Florian
Leggi i suoi articoliLe «sgradevoli» installazioni di Edward Kienholz alla Fondazione Prada
«Five Car Stud», opera realizzata da Edward Kienholz tra il 1969 e il 1972, è un’installazione drammatica in tutti i sensi. Non solo in termini di forma (un ambiente buio e isolato, illuminato dai fari di quattro automobili e di un pick-up) o di contenuto: l’installazione, infatti, rappresenta una scena di violenza razziale contro un afroamericano e lo stesso Kienholz (1927-94) ha definito l’opera come incarnazione del «peso di essere un americano».
La drammaticità dell’opera, infatti, va individuata anche in termini di avvicendamento storico. Dopo una breve apparizione nella Documenta curata da Harald Szeemann nel 1972, è rimasta non visibile per quasi quarant’anni, blindata nel deposito di un collezionista giapponese. Ora che è parte della Collezione Prada, «Five Car Stud» costituisce il fulcro di una mostra monografica che fino al 31 dicembre la fondazione milanese dedica all’artista americano e alla moglie Nancy Reddin (1943), il cui sodalizio artistico ebbe inizio nel ’72. Quella di Kienholz, fondatore insieme a Walter Hopps della mitica Ferus Gallery di Los Angeles, è «un’arte della repulsione», frutto di un immaginario iperrealistico, popolato da figure tratte da un universo basso e popolare, nel quale, come spiega Germano Celant, curatore della mostra, «il macilento e lo sporco, il perverso e il lurido, rappresentano una bellezza nuova e sorprendente».
Il percorso espositivo, che alla Fondazione Prada conduce dalla galleria Sud al Deposito, include 26 opere tra disegni, lavori scultorei, assemblaggi e «tableau», prodotti dai Kienholz dal 1959 al 1994, oltre a materiali di documentazione sulla storia di «Five Car Stud». Spiccano in mostra lavori quali «The Nativity» (1961-64), bizzarra rappresentazione della Natività i cui protagonisti, umani e divini, sono rimpiazzati da elementi dozzinali come decorazioni per automobili, lampade e parti di giocattoli; o «The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also» (1980), in cui un innesto di gambe di donna trasforma un flipper in un oggetto antropomorfo e sessualizzato. In uno spazio del cortile adiacente alla galleria Sud giace l’installazione «The Caddy Court» (1986-87), un furgone inserito in una Cadillac, al cui interno i giudici della Corte Suprema americana sono trasformati in scheletri e animali impagliati.
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