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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliAll’inizio del 1812 in un podere presso San Mariano, a Corciano a 13 km da Perugia, dei contadini portarono in superficie almeno 300 pezzi etruschi in bronzo, argento, avorio, ferro. Tra raffigurazioni di Zeus, eroi, leoni, esseri alati, tritoni, scoprirono lamine di un carro femminile e di una biga, bacili, incensieri, chiodi ed elmi. Di quel tesoretto quasi la metà finì all’estero, mentre l’altra fetta la recuperò in una fossa e in una casa colonica l’allora sottoprefetto del Trasimeno piombando all’alba dell’8 aprile con i gendarmi dopo aver ricevuto una lettera anonima.
Dal 16 gennaio il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria espone per la prima volta tutto quanto possiede di quel ritrovamento fortuito, inclusi i pezzi tenuti in deposito, e mette in mostra anche le foto dei reperti finiti al British di Londra, al Louvre e alla Biblioteca Nazionale di Parigi, al Thorvaldsen di Copenaghen, alle Collezioni di antichità di Monaco di Baviera e al Museo Statale di Berlino.
L’istituto umbro non intende certo aprire un velleitario contenzioso internazionale quanto far conoscere in modo visivamente gradevole, anche ai non esperti, quel tesoro e fornire materia di studio per appurare se faceva parte di un corredo funerario oppure no.
Mafalda Cipollone ha scovato, nell’Archivio di Stato perugino, documenti inediti che hanno permesso di individuare la zona esatta e le fasi del ritrovamento, compreso il rocambolesco inseguimento dei contadini da parte dei gendarmi: «Sono pezzi del periodo arcaico, osserva la studiosa della Soprintendenza archeologica, forse appartenevano a una tomba principesca o aristocratica, ma l’assenza quasi completa di ceramica pone problemi interpretativi».
L’esposizione compone possibili ricostruzioni attraverso frammenti accostati come in un puzzle. «Sono ipotesi, puntualizza Cipollone, comunque con pannelli semplici e chiari, testi brevi e a caratteri grossi, bacheche create appositamente, ricostruzioni grafiche e le foto in bianco e nero desideriamo creare anche un senso di “Wunderkammer” e di bellezza».
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