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La sterlina crolla e Frieze vola

La Brexit avvantaggia i collezionisti internazionali

Federico Florian

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Nonostante il crollo della sterlina, che a ottobre ha toccato i valori minimi negli ultimi 31 anni, Frieze London non ha subito una battuta d’arresto, sia in termini di vendite sia di pubblico. Durante la preview, tenutasi il 5 ottobre, la tensostruttura di Regent’s Park ha registrato un’affluenza superiore del 30% rispetto all’anno precedente. In maggioranza, infatti, erano collezionisti americani, asiatici ed europei. Pochi i britannici: «Vendiamo soprattutto a collezionisti che vivono all’estero, o stranieri che vivono a Londra», dichiarava Cornelia Grassi, della galleria londinese Greengrassi. Forte la presenza istituzionale: oltre 228 i rappresentanti dei musei internazionali (tra cui Pompidou, Stedelijk, MoMA ed Ermitage), giunti a Frieze per rimpolpare le rispettive collezioni permanenti.

La Tate di Londra, grazie al Frieze Tate Fund, ha acquisito opere di Hüseyin Bahri Alptekin (dalla galleria Rampa, Istanbul), Leonor Antunes (Luisa Strina, San Paolo) e Phillip Lai (dalla londinese Stuart Shave/Modern Art). Dominanti, in questa edizione di Frieze, la scultura e la pittura (pochissimi i video). La performance era «relegata» alla sezione Live, composta da sole cinque gallerie; tra queste si distingueva la Gypsum del Cairo, con la performance di Mahmoud Khaled, una reinterpretazione della nota «Untitled (Go-go Dancing Platform)» di Félix González-Torres.

Tra gli stand più interessanti il fittizio atelier d’artista di Hauser & Wirth, stracolmo di opere d’arte di media diversi (140 in tutto) realizzate da 47 artisti, a prezzi compresi tra i 3mila e i 3,2 milioni di euro (tra le vendite, una maquette in bronzo di Henry Moore a 44mila euro e sculture di Phyllida Barlow, che rappresenterà la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 2017, Berlinde De Bruyckere e Thomas Houseago per 55mila, 130mila e 68mila euro rispettivamente), e quello di Marianne Boesky, con una magnifica installazione di Hans Op De Beeck. Attirava una straordinaria attenzione un’installazione di Jon Rafman in mostra da Seventeen, la galleria dell’East End londinese diretta dall’italiana Attilia Fattori Franchini. In termini di vendite, proficuo il bottino della galleria parigina Kamel Mennour, che faceva sold out con otto dipinti di Latifah Echakhch (ciascuno a 80mila euro). David Zwirner vendeva una scultura in metallo blu di Carol Bove per 340mila euro, mentre Maureen Paley ricavava 110mila dalla vendita di una fotografia di Wolfgang Tillmans (di cui la galleria Buchholz ha ricostruito in stand la prima personale del 1993 a Colonia) a un collezionista americano.

Non molte le italiane presenti: in prima fila Massimo De Carlo (presente anche a Frieze Masters con un «solo show» di Gastone Novelli) che, all’interno della sezione The Nineties, rivisitava la mostra Aperto ’93, presentata alla Biennale di Venezia dello stesso anno, con lavori di Cattelan, Carsten Höller e Rikrit Tiravanija. La torinese Franco Noero esponeva otto foto in bianco e nero e due sculture di Sam Falls, mentre un’installazione di William Kentridge (al momento in mostra alla Whitechapel Gallery) occupava la parete del grande stand di Lia Rumma. Tra i migliori espositori italiani le romane T293, con un gruppo di dipinti figurativi di Patrizio di Massimo (il cui prezzo di listino si aggirava intorno ai 13mila euro ciascuno), e Frutta, il cui stand riproduceva una tipica osteria romana (opera di Lauren Keeley) sulle cui pareti erano installati due dipinti «girevoli» di Santo Tolone.

Federico Florian, 08 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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