Spiritualità e vita materiale di un piccolo villaggio africano nelle fotografie di «Le Village», la nuova esposizione di Luc Delahaye allestita fino al 13 marzo nella Huis Marseille. Attraverso tableau a colori in grande formato e immagini più piccole in bianco e nero, il fotografo francese (1962) racconta il suo lungo soggiorno in un villaggio della regione di Futa-Toro, nel nord del Senegal, dove i gesti materiali di un’esistenza durissima convivono con i simboli di antichi miti e credenze.
Affermatosi nella fotografia documentaria con immagini caratterizzate da distacco e immediatezza, l’approccio descrittivo di Delahaye si arricchisce qui di un modo di narrare la realtà reinterpretata attraverso la memoria, tra realismo e immaginario. Il fotografo infatti registra mentalmente persone e frammenti di vita quotidiana per poi ricreare le scene, anche a settimane di distanza, come quadri che per attori hanno gli abitanti stessi.
Il risultato sono fotografie capaci di trasmettere la complessità di un villaggio in apparenza semplice, e di opporre alla freddezza di uno sguardo esterno l’intensità emotiva dei soggetti rappresentati. «Ogni foto era come una parola o una parte di una frase, dice l’artista, e con questo ho cercato di comporre una poesia, una poesia in prosa».
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