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La Dichiarazione di Milano: un primo obiettivo e un nuovo impegno

La Dichiarazione di Milano: un primo obiettivo e un nuovo impegno

Alessandro Martini

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Il programma della Conferenza generale a Milano è stato messo a punto da un gruppo di lavoro che fa capo ad Alberto Garlandini, presidente di Icom Italia dal 2010 al 2014, e oggi membro dell’Executive Council di Icom International.

 

Dottor Garlandini, perché il tema del paesaggio ha un significato speciale in Italia?  

 

Conservare e valorizzare le collezioni è il cuore della missione dei musei. Ma i musei di oggi hanno nuove responsabilità sociali: verso i paesaggi culturali e naturali che li circondano e quelli interculturali delle loro comunità. I musei sono aperti al mondo e ai suoi problemi, si rivolgono a nuovi pubblici con nuovi linguaggi. Mettono in comunicazione i tradizionali valori, credenze, saperi con quelli dei cittadini di origine diversa, e concorrono a creare le nuove identità delle nostre comunità. L’Italia è un Paese ideale per discutere del rapporto tra musei e contesto. È un tema della museologia italiana: non è possibile capire Firenze se non si conoscono gli Uffizi, e viceversa. Come si può apprezzare l’Italia, la sua storia e il suo presente, senza la comunicazione e la conoscenza prodotte dalle migliaia di musei diffusi nel Paese?

 

Come si coniuga la tradizione storica del «museo diffuso» con le attuali esigenze di tutela diffusa del territorio?

 

Nel 1980 André Chastel definì l’Italia «il museo dei musei», cogliendo genialmente un carattere unico del nostro Paese in cui «la collezione si inserisce nell’edificio che la città riveste e queste tre forme di museo si rispondono mutualmente». Questo sistema di relazioni materiali e immateriali è la linfa vitale dei musei e dei paesaggi italiani. Visitati e descritti in tutte le epoche, i nostri paesaggi mantengono un fascino eccezionale. Malgrado le tante trasformazioni uniscono passato e presente in una sintesi che è l’Italia di oggi. Come dicono il Codice etico di Icom e la recente Raccomandazione dell’Unesco sul ruolo sociale e la diversità dei musei, essi sono «al servizio della società e del suo sviluppo». I musei italiani sono una risorsa per la tutela del territorio, sono nodi di quelle reti di soggetti pubblici e privati impegnati nella difesa del patrimonio culturale e naturale che la Convenzione europea di Faro chiama «comunità di patrimonio».  

 

Quale messaggio desiderate che la Conferenza lasci alla politica nazionale? Produrrete anche un documento finale? 

 

I paesaggi sono il frutto di un’interazione continua tra uomo e natura, il risultato di trasformazioni che vanno gestite in modo intelligente e sostenibile. I musei danno un contributo determinante, ma la responsabilità è collettiva. Le comunità chiedono ai musei di essere più impegnati socialmente, tuttavia la politica riduce drammaticamente le risorse pubbliche a disposizione. I musei accettano la sfida di «fare di più con meno», ma ricordano ai governanti che un Paese senza cultura ed educazione non ha futuro. Al termine della Conferenza, l’Icom approverà la Dichiarazione di Milano, risoluzione che individuerà i nuovi impegni dei musei verso i paesaggi culturali e le comunità. 

 

Quale eredità rimarrà agli addetti ai lavori e quale ai cittadini? 

 

La Conferenza dell’Icom è un’occasione unica di scambio professionale e umano. Migliaia di professionisti di tutto il mondo si incontrano e costruiscono strategie, reti e progetti. Come testimonianza della volontà di apertura alle comunità, il 3 luglio, inizio della Conferenza, sarà una giornata di festa in cui i musei italiani saranno aperti gratuitamente e con eventi speciali.

 

Alessandro Martini, 08 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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