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James il passionale vuole cambiare Brera

Michela Moro

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Le note che Franz Liszt compose ispirandosi allo Sposalizio della Vergine hanno risuonato nelle sale di Brera per celebrare Raffaello e Perugino, esposti l’uno accanto all’altro per la prima volta con il medesimo soggetto, lo Sposalizio, maniera colta di accogliere il primo appuntamento del ciclo «Dialoghi», che vede due capolavori a confronto: uno di Brera e uno proveniente da altre istituzioni. 
La mostra è accompagnata da un maneggevole «non catalogo» Skira.

È stato anche il debutto dell’energico James Bradburne come direttore generale della Pinacoteca di Brera e Biblioteca Nazionale Braidense, da pochi mesi installato nel suo nuovo ruolo. Bradburne non ha perso tempo: quattro sale del museo sono state riallestite con nuovi criteri, nuovi colori alle pareti e nuove didascalie ed è già stato nominato il nuovo Cda che si è messo subito al lavoro. Ricollocare Brera al centro della scena espositiva milanese connettendo mondi diversi è il primo obiettivo che l’anglo canadese sessantenne si è posto, per nulla intimidito da chi lo sta aspettando al varco, anzi: «Sono felice e grato che il ministero abbia pensato che io possa essere lo strumento per cambiare un sistema che non funziona da anni. Forse questo feeling che insieme si può ottenere un buon risultato è un effetto post Expo, ma c’è una grande voglia cittadina di vedere Brera occupare il posto che si merita nel panorama dei grandi musei internazionali: le persone viaggiano, vedono i musei all’estero e fanno paragoni, dobbiamo cambiare».

Uno dei cambiamenti più evidenti sono le pareti delle sale dipinte di un rosso granata molto mitteleuropeo, che esalta le importanti opere raggruppate secondo nuove letture e le grandi didascalie dense d’informazioni. L’allestimento delle sale dove trovano posto Raffaello e Perugino sono invece intoccate, «l’intervento dell’architetto Vittorio Gregotti funziona bene», sostiene Bradburne. Quello che funziona certamente sono i due Sposalizi affiancati, coevi e differenti. Il maestro, Perugino, dipinge tra il 1499 e il 1504 la pala commissionata per la Cappella del Santo Anello nella Cattedrale di Perugia. Raffaello, l’astro nascente, nel 1504 rielabora innovando l’opera del maestro; l’architettura del tempio che in Perugino è asse centrale del dipinto, è allontanata da Raffaello che definisce in maniera esemplare la prospettiva della costruzione; Raffaello lascia la porta aperta sul panorama, il suo tempio non conclude lo spazio, mentre nel dipinto di Perugino lo spazio della porta aperta è occupato da una montagna. Ieratico per Perugino, il Gran Sacerdote china la testa, non più impassibile, per Raffaello.

Fenomenali i copricapi immaginati da Perugino; varietà d’individui i personaggi di Raffaello. Nella medesima sala è presente anche il dipinto realizzato nel 1822 da Jean-Baptiste Wicar a Perugia al posto della pala di Perugino conservata al Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia, dopo la requisizione di Napoleone del 1797. Già, la Francia: Bradburne nella sua vita eclettica e poliedrica, esperto oltre che di museologia di design, scienza e molto altro, ha abitato anche a Parigi e poi a Londra, Amsterdam, Francoforte e Firenze, dov’è stato direttore per nove anni della Fondazione Palazzo Strozzi, ma da quando è stato nominato a Brera vive in un mondo unico, contenuto in un quadrilatero ed è felice così. 

Come ha affrontato l’esordio a Brera? 

Stavo facendo una ricerca approfondita e ho riletto gli scritti di Franco Russoli (1923-1977) soprintendente nel 1973-77, che apparteneva a una generazione di museologi come Willem Sandberg e Nelson Goodman, con una visione sociale molto potente, completa e realistica del ruolo del museo nella società e del ruolo dell’arte nella vita delle persone. Il mio modesto scopo è di portare qui parte della sua visione. 

Non c’è solo Russoli di italiano nel suo modo di guardare alla cultura.

La mia crescita è stata influenzata dall’approccio didattico della scuola di Reggio Emilia, Gianni Rodari per esempio. Sono appassionato dell’apprendimento e della passione umana di capire il mondo, attitudine che purtroppo si perde andando a scuola. 

Come vede Brera nel prossimo futuro?

Vorrei creare un ambiente che offra la riscoperta e la gioia di apprendere. La chiave è un museo ricco di stimoli, che tenga conto dei vari modi di imparare e anche dell’eterogeneità del pubblico. Ho trovato qui poca attenzione al visitatore; invece ci sono diversità, come i bambini o gli ipovedenti, per esempio, ed è inaccettabile che nel 2016 non se ne tenga conto. Non ci saranno mostre autoportanti, voglio incoraggiare la gente a tornare a Brera più volte per il piacere di un’altra visita. Le mostre temporanee cannibalizzano i musei, il vero cambiamento sta nel progettare il futuro portando il passato con noi.

Tutelare è una preoccupazione molto italiana. Lei che cosa ne pensa?

La tutela è imprescindibile e spesso insufficiente, ma dovrebbe essere inglobata nella valorizzazione dei musei. Non nel senso di monetizzazione, ma per dare valore all’arte tutelata ed è ciò che mi propongo di fare. Combatto invece la burocrazia che è il buio, voglio fare le mie battaglie in pubblico, dichiarando i miei obiettivi. 

Brera ha bisogno di soldi?

La priorità è cambiare Brera, non sono né i soldi né i visitatori che latitano. Certo non possiamo fare le nozze coi fichi secchi, ma il Governo dovrebbe attendersi dai musei scopi futuri e non guadagni immediati.

Entrando negli uffici il portiere mi ha chiesto «Va da James?». Qualcosa sta cambiando nel rapporto con le maestranze?

Le persone che fanno parte dei sindacati fanno anche parte della mia squadra e alla fine della giornata di lavoro tutti vogliono trovare soddisfazione in quello che fanno, è lo stesso scopo del sindacato. Vivete in un sistema sovietico, senza nome e cognome, io voglio che tutti abbiano il nome in vista e vengano al lavoro con piacere; non dimentichiamoci che il primo incontro dei visitatori è sempre con i custodi. 

Nella sala in cui avviene il dialogo tra Raffaello e Perugino è esposta anche la Pala di Brera di Piero della Francescasulla testa degli astanti la misteriosa conchiglia con l’uovo di struzzo, simboli di nascita e vita futura. Esotericamente un buon augurio per Brera. 

Michela Moro, 09 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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