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Una veduta della mostra « Spazio/Territorio. Quattro artisti: un dialogo con Vincenzo Agnetti» (2022), Archivio Agnetti, Milano

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Una veduta della mostra « Spazio/Territorio. Quattro artisti: un dialogo con Vincenzo Agnetti» (2022), Archivio Agnetti, Milano

In quattro + Agnetti

Nell’Archivio Agnetti l'eredità dell'artista concettuale milanese nelle opere di Sergio Limonta, Filippo Manzini, Cesare Pietroiusti e Luca Vitone

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Continua fino al 15 luglio nell’Archivio Agnetti la mostra «Spazio/Territorio. Quattro artisti: un dialogo con Vincenzo Agnetti», a cura di Giorgio Verzotti, che inaugura il nuovo ciclo ideato per mettere a confronto il lavoro dell’artista concettuale milanese (1926-81) con quello di artisti delle generazioni più recenti. In questo caso, il dialogo s’intreccia con Sergio Limonta (1972), Filippo Manzini (1975), Cesare Pietroiusti (1955) e Luca Vitone (1964).

Agnetti ha infatti lasciato una feconda eredità in molti artisti, seppure segnandone la ricerca in ambiti differenti: Limonta, per esempio, con le sue bandiere appiattite, qui messe a confronto con quelle di Agnetti, si muove in uno «spazio geopolitico», e Manzini, con le strutture metalliche inserite in spazi urbani che poi fotografa, interviene in uno «spazio esistenziale» affine a quello di certi «feltri» di Agnetti.

Pietroiusti lavora sullo «spazio istituzionale» attraverso il tema del confine, rispondendo all’istituzione con il paradosso, come Agnetti amava fare, mentre Vitone nega di fatto la questione del territorio e della territorialità (tema centrale di più d’un «feltro» e di una grafica di Agnetti), esponendo suoi lavori sulle comunità nomadi dei Rom, per definizione estranee a ogni forma di stanzialità e territorialità.

Una veduta della mostra « Spazio/Territorio. Quattro artisti: un dialogo con Vincenzo Agnetti» (2022), Archivio Agnetti, Milano

Ada Masoero, 14 giugno 2022 | © Riproduzione riservata

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