Il tempo delle archistar
Chi sono le «stelle dell’architettura» in Italia? E soprattutto: perché gli architetti, non solo i più affermati e famosi, desiderano intervenire nei contesti storici di pregio?

Il tema del progetto sul patrimonio storico al tempo delle archistar ha visto un ampio confronto presso il Ministero della Cultura e del Merito in viale Trastevere, nella sala Aldo Moro, il 4 luglio scorso. Il compito di trarre le conclusioni dell’incontro era affidato a Vittorio Sgarbi, sottosegretario di Stato del Ministero della Cultura.
Ma qual è il tempo delle archistar? Si era già aperto con la figura di Pierluigi Nervi, come il ventaglio dei relatori lasciava intuire? In verità, all’epoca, il termine non esisteva ancora e quindi si potrebbe propendere per un’apertura successiva o precedente. Se per archistar si intendono i progettisti migliori, il principio si può fissare in concomitanza con i primi concorsi internazionali di architettura relativi a siti storici.
E allora, qui in Italia, si può e si dovrebbe risalire almeno all’epoca del ventennio o prima ancora, dei governi liberali. Ad esempio, con l’operato a Roma della Commissione Reale. E con i grandi sventramenti, a partire da quelli effettuati per l’apertura di via Nazionale (studiata e pubblicata nel suo compimento da Alberto Maria Racheli), per la costruzione dei Ministeri e per la celebrazione del primo giubileo dell’Unità, con il Vittoriano, poi divenuto Altare della Patria nel 1911.
Se invece si vuole fare riferimento specifico al termine proposto nel titolo dell’incontro si parla necessariamente di secondo dopoguerra. E chi sono le stelle dell’architettura? Soprattutto, e prima ancora, perché gli architetti più affermati e famosi, ma non solo loro, desiderano tanto intervenire nei contesti storici di pregio?
La risposta è naturalmente aperta, va ricercata caso per caso, ma viene il dubbio che possa a volte trattarsi di una confusione fatale tra opera e cornice, come se il pregio potesse trasferirsi dal contesto al progetto, senza tener conto di un legittimo dubbio: che il nuovo intervento possa diminuire il valore e il pregio del contesto nel quale va a inserirsi.
Vi sono naturalmente molti altri aspetti interconnessi che non possono essere taciuti o ignorati, incluso quello della valutazione dei costi di manutenzione e gestione delle nuove opere di presunto particolare pregio, della loro durata, della qualità della loro inevitabile obsolescenza. La speranza del contribuente è che non si tratti di autoincensamenti concessi d’autorità.