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Sant’Ivo alla Sapienza a Roma edificata da Francesco Borromini tra il 1632 e il 1662

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Sant’Ivo alla Sapienza a Roma edificata da Francesco Borromini tra il 1632 e il 1662

La Sapienza torni in Sant’Ivo, lo dobbiamo a Borromini

La cessione in uso anche di un solo vano all’Università consentirebbe di restituire all’originaria funzione il cortile, la chiesa cappella, le scale, i portici, i loggiati, oggi frequentati solo da turisti occasionali e da pochi altri fruitori

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Francesco Scoppola

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«La Sapienza» a Roma: un ritorno a casa almeno simbolico per un’Università tanto antica potrebbe tradursi idealmente nell’accensione di una lanterna per Borromini. Lo Studium Urbis è nato a Sant’Eustachio e non a Sant’Ivo, ma è pur vero che la sua sede storica è e resta la seconda: rimasta attiva e funzionante anche dopo lo spostamento al Viminale, nell’Italia liberale, fino alla costruzione della Città universitaria.

La cessione in uso anche di un solo vano all’Università «La Sapienza» (non importa se per un dottorato, una specializzazione o un singolo corso legato ad archivi e biblioteche) consentirebbe inoltre di restituire all’originaria funzione il cortile, la chiesa cappella, le scale, i portici, i loggiati, oggi frequentati solo da turisti occasionali e dai pochi altri fruitori dei diversi spazi dell’intero compendio, con la porta interna di Sant’Ivo aperta ormai un solo giorno alla settimana, dopo la restituzione al culto voluta da Giovanni Battista Montini con Angelo Giuseppe Roncalli.

Si tratta certamente di un sogno, ma non irrealizzabile. Parallelamente potrebbe tornare a casa almeno il fondo antico e dei volumi rari della biblioteca Alessandrina, fondata da Fabio Chigi, Alessandro VII, che ha riaperto le sale alla Città universitaria. Così la biblioteca parzialmente ripristinata nella sua sede e l’Archivio di Stato residuo sarebbero di nuovo al servizio degli studenti e dei docenti di quei singoli corsi e non solo degli attuali studiosi superstiti. Il minimo sufficiente a sanare il nostro debito collettivo con l’Autore per avere ostinatamente ritenuto contro ogni buon senso (anche dopo la ripetuta spiegazione del contrario) che Francesco Castelli, il Borromini, sia stata persona tetra, cupa e sia morto suicida.

È vero l’esatto contrario: martire della lettura, nella sua marcata e vivace luminosità, Borromini si era dimostrato in grado di graziare, come ultimo atto, il suo giovane assassino. Un sacrificio potremmo farlo anche noi, rinunciando a continuare a dipingerlo come non era, a distanza di tre secoli e mezzo, in memoria del suo, di sacrificio: aver offerto le ore di vita successive al suo accoltellamento al futuro delle nuove generazioni, ai giovani.

Sant’Ivo alla Sapienza a Roma edificata da Francesco Borromini tra il 1632 e il 1662

Francesco Scoppola, 28 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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