Da sinistra: Massimilano I d’Asburgo in una raffigurazione del Theuerdank, 1512-17 e un’illustrazione del «Mein lieber Teddybär», testo di F. Baumgarter e illustrazioni di W. Holst, Lipsia, 1925 ca

Image

Da sinistra: Massimilano I d’Asburgo in una raffigurazione del Theuerdank, 1512-17 e un’illustrazione del «Mein lieber Teddybär», testo di F. Baumgarter e illustrazioni di W. Holst, Lipsia, 1925 ca

Il teddy bear di san Romedio

Il rapporto tra uomo e orso nell'iconografia storico, artistica e scientifica

«Ursus», nel Palazzo Assessorile di Cles dal 7 luglio al 3 novembre, è una mostra dedicata al rapporto tra uomo e orso curata da Silvia Spada con opere d’arte e reperti storici e scientifici. Il percorso oscilla tra realtà e immaginario, ricostruendo la figura del grosso animale che negli ultimi anni è salito alla ribalta delle cronache per la difficile convivenza con l’uomo.

Eppure il nostro è un rapporto atavico, come testimoniano reperti della preistoria provenienti dal Muse di Trento: una costola di orso del paleolitico ferita da una freccia (la più antica testimonianza italiana di caccia all’orso) e una collana del Neolitico dalle finalità probabilmente rituali.

La sezione storico-artistica si concentra sull’area del Trentino Alto Adige e del Tirolo. Si parte da inizio Cinquecento con una xilografia su pergamena del Theuerdank (pubblicato per la prima volta nel 1517), raffigurante un cavaliere che uccide un orso, e si giunge sino al Novecento con una scultura in legno di Fortunato Depero. E poi un dipinto del Seicento del pittore barocco Stephan Kessler, un’acquaforte di Max Klinger di fine Ottocento e una grafica pubblicitaria d’inizio Novecento di Franz J. Lenhart.

La mostra documenta anche l’iconografia dell’orso negli affreschi tre e quattrocenteschi dei numerosi castelli del territorio. Tra le riproduzioni esposte, quelle dei cicli di Torre dell’Aquila a Trento, realizzati in stile Gotico internazionale da Venceslao di Boemia, e quelli di Castel Roncolo a Bolzano, che raffigurano lo smembramento della carcassa di un orso secondo il diritto del carniere.

Una sezione è dedicata a san Romedio, il santo locale venerato per aver domato un orso. Un’altra sezione documenta la tradizione di ammaestrare gli orsi e farli esibire in pubblico (qui tra l’altro un manoscritto miniato d’inizio Cinquecento). Da segnalare infine le sezioni dedicate al carnevale e al teddy bear, l’orsacchiotto giocattolo simbolo di Cles comparso per la prima volta a inizio Novecento.

Da sinistra: Massimilano I d’Asburgo in una raffigurazione del Theuerdank, 1512-17 e un’illustrazione del «Mein lieber Teddybär», testo di F. Baumgarter e illustrazioni di W. Holst, Lipsia, 1925 ca

Mariella Rossi, 05 luglio 2019 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Nel Palazzo Reale 56 preziosi reperti attualizzano l’eredità culturale del re normanno che volle una società fondata sul pluralismo e sulla coesistenza di mondi diversi

All’interno di una delle più antiche strutture difensive del capoluogo sardo, conta oltre 4mila reperti in un arco cronologico di 7mila anni. Il complesso comprende la Pinacoteca Nazionale recentemente riallestita

Al Man di Nuoro un progetto ad hoc di 126,5 mq

Il prossimo anno il Musée des Beaux-Arts di Mulhouse dedicherà all’artista svizzero una prima grande retrospettiva in terra francese. Nel frattempo nasce una borsa di studio e l’Archivio, visitabile su appuntamento, è digitalizzato

Il teddy bear di san Romedio | Mariella Rossi

Il teddy bear di san Romedio | Mariella Rossi