Simone Verde. Foto di Giovanni Hänninen

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Simone Verde. Foto di Giovanni Hänninen

Il solo museo enciclopedico in Italia

Il Complesso Monumentale della Pilotta a Parma riapre con molte novità

Stefano Luppi

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Tra mostre, riallestimenti e nuovi servizi al pubblico sono molte le novità inaugurate o annunciate per l’immediato futuro al Complesso Monumentale della Pilotta, il museo statale autonomo che comprende Galleria Nazionale, Museo Archeologico, Biblioteca Palatina, Teatro Farnese e Museo Bodoniano. La struttura diretta da Simone Verde (Roma, 1975), dunque, continua a rinnovarsi, dopo il riallestimento parziale della Galleria Nazionale e la collocazione nel cortile dell’opera «Time Past, Present and Future» di Maurizio Nannucci.

Dottor Verde, il complesso monumentale della Pilotta a partire da questa estate riaprirà completamente con molte novità. Qual è l’idea che ha guidato i lavori?

Con i Musei Vaticani, con cui condivide la genesi, il Complesso è il solo museo enciclopedico italiano. Racchiude dentro di sé tutti i documenti che la tradizione riteneva indispensabili per una comprensione esaustiva del reale: antichità, belle arti, collezioni librarie e un teatro in cui esibire a fini morali le alterne vicende della storia. Suddiviso alla fine dell’Ottocento in istituti autonomi, con la riforma Franceschini ha ritrovato la sua unità originaria che ci ha permesso di riannodare le fila tra i vari pezzi dispersi delle collezioni. La «nostra» Pilotta, dunque, vuole essere un museo pienamente contemporaneo, in cui la storia dei singoli documenti si interseca con quella del collezionismo che li ha riguardati, per rendere consapevole il visitatore del farsi, del reinventarsi e del sovrapporsi dei loro valori sociali.

Come prevede di riannodare il dialogo con la città e richiamare i turisti dopo la pandemia?

Gli ultimi fatti ci spingono a rendere più denso il significato scientifico del nostro lavoro museale. Questa crisi ha rivelato i limiti di uno sviluppo ecologicamente insostenibile. Nelle nostre sale, perciò, non possiamo continuare a celebrare l’azione dell’uomo come del suo progresso trionfalistico sulla natura, ma occorre una più oculata interpretazione ecosistemica dei processi sociali e culturali. Stiamo riflettendo su come restituire questi concetti al pubblico nel percorso e a tale proposito stiamo organizzando un convegno internazionale con l’Ermitage di San Pietroburgo.

Quali sono i principali cambiamenti che ora presenta?

Abbiamo seguito scrupolosamente le regole imposte dal Mibact e siamo stati i primi in Italia a far seguire al personale un corso di formazione con certificazione conclusiva sulla sicurezza. Per il resto, abbiamo la fortuna di annoverare tra le nostre collezioni quelle del Museo Bodoniano e dunque abbiamo utilizzato i suoi repertori grafici per una segnaletica che ci sembra particolarmente elegante.

Avete riaperto il 2 giugno con la mostra «Fornasetti-Theatrum Mundi», un dialogo tra design e collezioni della Pilotta. Perché questa scelta?

Parma è stata una delle capitali europee del classicismo, sia in periodo rinascimentale sia illuminista. Con l’intento di rigenerare questo patrimonio per renderlo accessibile e stimolante per il pubblico contemporaneo abbiamo elaborato un bando vinto dall’associazione FornasettiCult con cui abbiamo svolto un lavoro di ricerca esemplare. Credo che sia la mostra più bella mai dedicata all’atelier, grazie al contributo determinante di Barnaba Fornasetti, il figlio di Piero, e di Valeria Manzi.

Che cosa prevede il percorso della Rocchetta nella Galleria, appena ultimato?

La Rocchetta è uno spazio importantissimo dal punto di vista storico, ma di difficile musealizzazione. Vi si trovano le pale del Correggio in un allestimento ottocentesco storicizzato e quindi inamovibile. Sono alla fine del percorso, cronologicamente decontestualizzate dalla produzione coeva e vengono dopo le opere del Settecento, esposte negli antichi saloni dell’Accademia. Esiste da sempre un problema su come giustificare questa collocazione, ma crediamo finalmente di aver trovato la «quadra»: il Correggio di questi spazi, in effetti, non è un Correggio pienamente rinascimentale ma reinventato dal XIX secolo, a uso dei copisti dell’Accademia. Tirato giù dagli altari delle chiese in cui si trovava, è un maestro ormai borghese che il visitatore trova allestito ad altezza d’occhio per un dialogo a tu per tu. Per spiegare il senso di questo stravolgimento culturale, abbiamo allestito tutto il percorso sotto un tema onnicomprensivo: «L’Ottocento e il mito di Correggio». Il visitatore troverà quindi spiegato il senso della rimozione delle opere dagli edifici sacri da cui provengono e (grazie all’esposizione per la prima volta al pubblico della pittura ottocentesca della Pilotta) potrà ricostruire il contesto artistico di questa reinvenzione.

Perché trasferisce il Museo Bodoni al piano terra?

Era una scelta imprescindibile: chi ha mai visto una tipografia all’ultimo piano di un palazzo? Il Museo bodoniano espone, oltre ai punzoni e alle meravigliose creazioni a stampa del maestro, anche alcune presse storiche. Al piano terra sarà fruibile quasi con gli stessi orari del resto dell’Istituto. Al centro del dispositivo, a cura di Andrea De Pasquale, si trova un tavolo interattivo con cui navigare nelle collezioni bodoniane.

Modifiche sono previste anche per l’ingresso alla Biblioteca Palatina, la biglietteria, il guardaroba...

Verrà finalmente richiuso un importante portico pensato da Carlo Rainaldi come ingresso monumentale al palazzo e mai portato a termine. Oggi soggetto a un estremo degrado, diventerà l’ingresso dell’area dei servizi della Palatina di cui sarà anche una bellissima sala polivalente aggiuntiva. Il progetto è firmato da Guido Canali.

Infine l’Archeologico che riprende a settembre. Con quali novità?

Sono aperti cantieri per oltre un milione di euro, per il rifacimento integrale del primo piano del museo, anche qui mettendo assieme tutela e valorizzazione. Gli spazi architettonici ritroveranno la loro conformazione storica a vantaggio di un percorso finalmente ordinato cronologicamente.

Simone Verde. Foto di Giovanni Hänninen

Stefano Luppi, 01 luglio 2020 | © Riproduzione riservata

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