Il ritorno di Spalletti
A 12 anni dalla sua mostra, che inaugurava lo spazio milanese, Spalletti è protagonista di un progetto concepito prima della sua scomparsa

Nel 2010 Lia Rumma inaugurava la nuova sede della sua galleria milanese, in via Stilicone, con una personale di Ettore Spalletti. Dodici anni dopo, la sua opera ritorna in galleria, dal 1° aprile al 28 maggio, in una mostra concepita prima della scomparsa dell’artista (nell’ottobre 2019), che si realizza solo ora, dopo la lunga pausa dettata dalla pandemia. Rarefatto ed essenziale, come tutta l’opera di questo vero maestro, il percorso si avvia nello spazio grandioso del piano terreno con due sole opere-capolavoro: «Colonna nel vuoto», 2019, ed «Ellisse», 2016. Due forme assolute, platoniche, come sospese nello spazio, che rimandano a una tensione verso una realtà superiore, la prima; la seconda, così amata dai maestri rinascimentali, al principio da cui la vita nasce, parlando entrambe una lingua universale, comprensibile con immediatezza da ognuno.
Sono due forme spesso ricorrenti nell’alfabeto di segni di Spalletti, che realizzò la prima colonna nel 1978: «portavo con me questo desiderio della verticalità, avrebbe spiegato, ma anche il desiderio di un oggetto che avesse attraversato proprio tutto l’arco della storia dell’arte, e che si rendesse riconoscibile continuamente, in momenti diversi». Anche l’ellisse, nella sua perfezione formale, risponde al bisogno di Spalletti di «pensare alle linee della geometria: orizzontale, verticale, obliqua, curva. Poi rompere la geometria stessa, la sua rigidità, riempiendola con una materia che, come fumo, si frantumi in pulviscolo sottile».
Ai «Dittici, oro», con le loro tavole dai colori differenti cinte dall’oro che riveste il contorno rastremato di ognuna («come protezione», spiegava), è destinato il secondo piano, mentre al terzo trova posto una grande installazione, ampliata dopo essere stata esposta nell’ultima sua personale al Nouveau Musée National del Principato di Monaco, formata da scaffali su cui poggiano 1500 libri. Il contenuto di quest'ultimi non è fatto di parole ma di colore. Le pagine di carta velina sono infatti intrise dei colori cari a Spalletti, gli azzurri, i rosa, i grigi, i violetti sommessi, che «bagnano» i suoi lavori: una stanza-biblioteca in cui entrare e consegnarsi a un’esperienza totalizzante, pensata dall’artista come «la prospettiva degli interni di Vermeer».