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Federico Florian
Leggi i suoi articoliIl testo e la parola in una personale di Fiona Banner
Il testo e la parola sono al centro del lavoro dell’artista britannica Fiona Banner (1966). Membro del gruppo degli Young British Artists negli anni Novanta, insieme ai fratelli Chapman, Gary Hume, Tacita Dean e Douglas Gordon, la Banner è nota soprattutto per i suoi «wordscape», dettagliatissimi resoconti scritti delle trame di film come «Apocalypse Now» di Francis Ford Coppola e «Full Metal Jacket» di Stanley Kubrick.
Nel ’97 l’artista ha fondato una casa editrice sui generis: la Vanity Press, che produce pubblicazioni in senso lato. Non solo libri, ma anche sculture, tatuaggi, lapidi e indumenti, tutte quante «pubblicazioni» in quanto registrate mediante un codice Isbn.
La David Roberts Art Foundation le dedica ora, nell’ambito del progetto espositivo «Study» (volto a indagare una o più opere di un’artista dalla collezione), una personale a partire dal 29 gennaio al 5 marzo. Fulcro della mostra londinese è un lavoro del 2007: «Every Word Unmade», una serie di 26 lettere al neon alte un metro, tutte prodotte a mano dalla Banner stessa; è l’intero alfabeto latino che contiene, al suo interno, un’infinita gamma di parole e narrazioni possibili.
«Stavo pensando a una sorta di disfacimento del linguaggio a partire da queste 26 lettere, commenta l’autrice. Qui c’è potenzialmente tutto, eppure nessuna parola. Le fragili lettere traballanti, prodotto della piegatura inesperta del vetro, e poi il circuito elettrico che pompa il gas all’interno, rendono l’opera simile a un grande, costante balbettio». Altre opere che si servono di luce e testo accompagnano tale monumentale lavoro: prodotti della Vanity Press, sono testi che descrivono immagini di donne senza veli o intente a spogliarsi («Silver Nude», 2011; «Striptease», 2003), e performance come «Mirror» (2007), in cui l’attrice Samantha Morton legge per la prima volta al pubblico il proprio ritratto scritto.
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