Il metodo Niedermayr per fermare il tempo

L’artista altoatesino, in mostra da CAMERA, sta raccontando momento per momento la trasformazione da banca a museo delle quarte Gallerie d’Italia

Walter Niedermayr, «Spazi Con-sequenziali / Con-sequential spaces 291/2021» Walter Niedermayr, «Hintertuxergletscher, 23/2004» Walter Niedermayr, «Spazio immagine / Image space, S 299/2013» Walter Niedermayr, «Spazi Con-sequenziali / Con-sequential spaces, 303/2021» Walter Niedermayr, «Portrait, 36/2012»
Walter Guadagnini e Monica Poggi |  | Torino

Naturale e artificiale, spazio e tempo, interno ed esterno, verticale e orizzontale. Binomi che ritornano spesso nella descrizione dei lavori di Walter Niedermayr, nato a Bolzano nel 1952 e protagonista da diversi anni di un filone di ricerca che si concentra sui luoghi e sulla relazione che l’uomo instaura con essi.

A partire dalla metà degli anni Ottanta, l’artista ha ritratto le Alpi spinto dalla necessità di elaborare un nuovo rapporto con i paesaggi della propria infanzia che, dopo un periodo vissuto in Germania, ha ritrovato irrimediabilmente mutati sotto l’azione impetuosa del turismo di massa. Anche in opposizione con la frenesia che oggi colpisce e consuma questi territori, un tempo considerati emblema di una natura immutabile e ieratica, l’approccio di Niedermayr nei confronti dell’ambiente montano, e in generale di tutti i soggetti che negli anni hanno catturato la sua attenzione, si concretizza in un processo meditativo e lento.

Lo studio e il ritorno negli stessi luoghi a distanza di tempo sono elementi imprescindibili del suo modo di lavorare, rallentato anche dall’uso di attrezzature di ripresa in grande formato, indispensabili per ottenere le immagini nette e dettagliate che caratterizzano la sua ricerca. Altri elementi distintivi presenti fin dalle prime opere sono le tonalità sovraesposte, con luci esasperate e colori impalpabili, e la frammentazione della rappresentazione in dittici e polittici di grandi dimensioni, come a voler confessare la presenza di uno sguardo inevitabilmente soggettivo nei confronti di ciò che viene mostrato. «Mettendo insieme due scatti che singolarmente richiamano la realtà, nella coppia si esplicitano come finzione, diventano un’altra cosa», spiega.

Anche attraverso caratteristiche solo apparentemente relegabili alla sfera della tecnica ritorna una tensione di condizioni opposte: la precisione lenticolare si scontra con l’evanescenza delle luci spinte fino ai limiti delle possibilità fotografiche, mentre visioni che si presuppone debbano essere unitarie si scompongono. In questa duplicità sta il fulcro della sua poetica, che prende le mosse dalla volontà di raccontare la complessità del reale dandone una lettura stratificata.

Oltre ad «Alpine Landschaften», serie tutt’ora aperta che costituisce il nucleo più corposo della sua produzione, Niedermayr si è dedicato a differenti progetti legati allo spazio urbano e all’architettura, come per le ricerche sulla Tav e sul Mose, la collaborazione di lunga data con lo studio giapponese Sanaa, e gli interni di prigioni, ospedali e fabbriche ritratti a partire dal 1991 con il titolo di «Raumfolgen (Spazi con-sequenziali)».

Ultimo in termini di tempo è il lavoro nato dalla committenza di Intesa Sanpaolo per documentare il processo di rifunzionalizzazione di Palazzo Turinetti in piazza San Carlo. All’interno degli ambienti ipogei progettati dall’architetto Michele De Lucchi e ADML CIRCLE, dove un tempo si trovavano i caveau della sede storica della banca, nel 2022 nascerà il quarto museo di Intesa Sanpaolo dopo Milano, Napoli e Vicenza, dedicato alla fotografia e al mondo digitale.

Le Gallerie d’Italia nell’ambito di Progetto Cultura sono i musei di proprietà della Banca che, grazie alla nuova sede torinese, si aprono alla fotografia con progetti originali e un’attenzione particolare al suo significato storico e sociale. All’artista altoatesino è stato affidato il compito di raccontarne i mutamenti, il passaggio da luogo di conservazione e movimentazione della ricchezza monetaria a luogo di conservazione e diffusione della cultura, a partire dalle prime fasi di lavorazione e durante tutte le evoluzioni del cantiere.

«È un lavoro che segue la trasformazione dello spazio, spiega. Ciò che vedete in queste fotografie già non esiste più». Guardando i suoi scatti si ha la sensazione che il silenzio avvolgente nel quale sono immersi gli ampi atri stia infatti per essere interrotto, che l’immobilità degli ambienti sia solo il preludio per un imminente cambiamento. L’autore non è nuovo a questo genere di suggestioni, individuabili anche nelle fotografie che compongono la serie «Rohbauten (Edifici grezzi)», iniziata nel 1997, nella quale sono documentati diversi cantieri e luoghi in fase di costruzione.

Se nei paesaggi montani tutto è en plen air e le vedute sono sconfinate e ariose, qui lo sguardo è costretto in ambienti delimitati. Dove prima c’era luce naturale, ora c’è quella artificiale. Se prima il rigore compositivo serviva a focalizzare l’attenzione, qui è la rigidità dello spazio a imporre il proprio ordine, in attesa di essere ridefinito dalla presenza dei futuri abitanti di questi luoghi, evocata magistralmente da un’ombra in movimento in fondo a un corridoio.

Un’anteprima delle fotografie realizzate nel cantiere di Palazzo Turinetti è esposta fino al 17 ottobre a CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia di Torino, di cui Intesa Sanpaolo è socio fondatore e partner istituzionale, nella mostra «Walter Niedermayr. Transformations». Attraverso un percorso allestitivo composto da una cinquantina di stampe in grande formato, che interagiscono con estese campiture di wallpaper e diversi lavori video, l’esposizione offre uno spaccato sulla produzione degli ultimi vent’anni dell’artista.

In mostra, oltre alle ricerche già citate, è presente anche l’imponente installazione «Coesistenze», che occupa tutto il corridoio dello spazio espositivo. Il progetto, portato avanti dal 2010 al 2017, sembra individuare un possibile equilibrio nel rapporto fra l’uomo e la natura nel modo di abitare della Magnifica comunità di Fiemme, in Trentino Alto Adige.

Composta da undici Comuni che, da più di mille anni, hanno scelto di applicare una gestione degli spazi basata sulla condivisione di beni e terreni, quest’area geografica risponde perfettamente alla necessità di adattamento nei confronti del territorio in cui si trova. Questo avviene sia per quanto riguarda la conformazione fisica della valle, che impone un certo tipo di architettura, sia di fronte alle trasformazioni socioeconomiche degli ultimi decenni.

Anche in queste immagini, pur mancando le di figure umane, che si manifestano invece esplicitamente attraverso l’installazione audio con le interviste agli abitanti del posto, l’uomo è la misura attraverso cui leggere il paesaggio. Che siano le montagne, la cui dimensione si esplicita nel contrasto con i piccoli punti colorati degli sciatori, o le architetture all’interno delle quali si dipanano i temi cardine dell’esistenza, la ricerca di Niedermayr non può prescindere dalla netta convinzione che l’immagine possa e debba avere anche una valenza antropologica.

GALLERIE D’ITALIA - TORINO
I contributi speciali pubblicati nei mesi scorsi per approfondire alcune questioni cruciali del dibattito contemporaneo sulla fotografia in vista dell’apertura della nuova sede di Gallerie d’Italia

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