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Il mar che vien dal Mart

Da Rovereto opere del ’900 sul Mediterraneo

Un intero museo dedicato a esposizioni temporanee. Questa la destinazione della vecchia sede del Museo Regionale Interdisciplinare, 1.100 metri quadrati che per l’inaugurazione di quella nuova del 9 dicembre scorso (cfr. articolo a p. 31) ospitano, fino al 5 marzo, la mostra «Mediterraneo, luoghi e miti. Capolavori del Mart», a cura di Nicoletta Boschiero, con cento prestiti dal Mart di Rovereto, in attuazione della seconda fase deII’accordo di «Art sharing». È il seguito del prestito di tavole antonellesche per la mostra roveretana del 2014, sottoscritto dal Dipartimento Beni culturali siciliano con il museo di Rovereto, e della mostra dedicata a Depero, nell’autunno 2015. La selezione, articolata in sezioni tematiche («Mediterraneo», «Il mito», «Archeologia», «Terra», «Segno/Scrittura», «Casa», «Istinto/Carnalità», «Migranti») con filo conduttore il Mare Nostrum, tema intimamente connesso con la sede ospitante, per la ricca nuova sezione subacquea e per la sua posizione geografica, presenta dipinti e sculture eseguite tra il 1913 e il 2005 da artisti italiani. Tra gli altri, Carla Accardi, Birolli, Boetti, Carrà, Consagra, de Chirico, De Maria, De Pisis, Fontana, Guttuso, Melotti, Morandi, Paladino, Rotella e Vedova.

A queste opere prelude una serie di fotografie tratte dal ciclo di immagini che nella prima metà degli anni Novanta Mimmo Jodice ha dedicato al Mediterraneo. Il percorso comprende, fra l’altro, il significativo contributo siciliano all’evoluzione dell’arte moderna con una sezione sugli esiti di Forma 1 (Sanfilippo, Accardi e Consagra), contraltare del Realismo guttusiano, oltre all’irrinunciabile spaccato dedicato alla Transavanguardia. Il Mediterraneo ha rappresentato il punto di riferimento, sia come culla della classicità sia come ricerca delle proprie origini per molti artisti operanti nell’età tra le due guerre, dai fratelli de Chirico, Giorgio e Andrea (in arte Savinio), a Massimo Campigli. Emilio Vedova e Renato Guttuso documentano il secondo dopoguerra, quando prende forma sia una forte inclinazione figurativa, che attribuisce alla pittura una funzione altamente rappresentativa della realtà, sia una tendenza di segno opposto, astratta, e dilaga l’Informale prevalentemente materico di Giulio Turcato, Jean Fautrier, Mimmo Rotella e Antoni Tàpies. I contemporanei come Claudio Costa, Maraniello e Anselm Kiefer, si assumono spesso il compito prioritario di narrare la storia, anche la più dolorosa, come quella di estrema attualità legata ai flussi migratori.

Silvia Mazza, 09 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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Il mar che vien dal Mart | Silvia Mazza

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