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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliAgostino Paravicini Bagliani da molti anni indaga sulla figura del pontefice da punti di vista diversi. Einaudi, dopo avere presentato i suoi Il corpo del papa (1994) e Bonifacio VII (2003), propone ora con Il bestiario del papa una affascinante ricerca dedicata all’utilizzo vaticano degli animali, come simboli araldici o emblemi del lusso e del potere papale.
Il libro, estremamente analitico, ma ricco di spunti narrativi, nel ripercorrere episodi centrali di questa relazione, inizia con la colomba, centrale in tutta la vicenda della cristianità, per arrivare alle lotte micidiali al tempo di Avignone (con un pontefice in vesti di drago) alla propaganda protestante, che amava raffigurare il signore di Roma come asino, simbolo di ogni nequizia. Di questo repertorio colpisce una magnifica immagine di Hendrik Hondius del 1599 dal titolo Pyramide papistique, con al vertice un enorme serpente malevolo, circondato da suoi simili, di taglia più piccola, che lanciano fiamme.
Bonifacio VIII fu il primo papa a possedere una belva, un leopardo (anche se il termine a fine Duecento lascia spazio a interpretazioni), forse tenuta nel suo palazzo di Anagni. A San Pietro comunque gli animali si sono ritagliati spazi notevolissimi di rappresentazione, come per quello che riguarda il pappagallo, a cui è intitolato uno dei più antichi cortili. Quella creatura, secondo le tradizioni, già nell’XI secolo annunciava un pontefice pronunciandone il nome. E se, prevedibilmente, molto si è parlato nelle sacre stanze di pecore e agnelli, dalla mistica risonanza, nel Rinascimento fecero sensazione gli elefanti, come Annone, la bianca creatura addomesticata, che giungeva dallo Sri Lanka, che venne disegnato magistralmente da Raffaello.
Il bestiario del papa, di Agostino Paravicini Bagliani, 378 pp., Einaudi, Torino 2016, € 32,00

La copertina del volume
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