Il biografo fantasioso

Ogni città italiana, secondo l’aureo modello vasariano, si è dotata tra Seicento e Settecento, di una civica storia della propria arte, tra La carta del navegar pitoresco di Marco Boschini e la Felsina Pittrice di Carlo Cesare Malvasia, a documentare sviluppi, esiti e glorie di Venezia e Bologna. Napoli giunse in questo panorama di volumi destinati a fare testo nei secoli a venire con un’opera, firmata da Bernardo De Dominici (Napoli, 1683-1759) artista e scrittore in tre gran volumi editi tra il 1742 e il 1745. Certo non la filologia guidò l’autore, ma anzi il gusto per l’aneddoto, per il retroscena, in cui sembra di cogliere una pratica narrativa esercitata come guida di ospiti illustri.
Il libro giunge quando il Barocco partenopeo ha fatto il giro del mondo e i conoscitori si contendono le opere di Luca Giordano e di Francesco Solimena.
Andrea Zezza racconta con brio, come in quella
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(l'articolo integrale è disponibile nell'edizione su carta)