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Federico Florian
Leggi i suoi articoliPer una sua mostra personale da Francesca Minini (fino al 29 luglio), Francesco Simeti, classe 1969, di stanza a New York, ha creato un sinistro microcosmo naturale, abitato da misteriose specie postvegetali.
«Armed, Barbed and Halberd-Shaped», («Armate, pungenti e a forma d’alabarda»), è il titolo dell’esposizione, a cura di Nicola Ricciardi. Sono opere tutt’altro che rassicuranti, dalle conformazioni minacciose: fra le altre, tre sculture in ceramica raffiguranti piante immaginarie, armate per adattarsi a sconvolgimenti climatici e morfologici.
Simeti ha cotto le sculture in un forno giapponese, alimentato a legna per cinque giorni: un procedimento che conferisce alle opere una ricca gamma tonale (dall’ocra all’azzurro). In mostra anche alabarde in bronzo alle cui estremità, al posto delle lance, troneggiano circonvolute forme vegetali.
Il fulcro dell’esposizione è un’installazione composta da un’ampia carta da parati (220 x 85 cm) e da due pannelli, su cui Simeti ha dipinto una spettacolare palude popolata da rettili, rapaci, piante carnivore e fiori dal gambo spinato. Un elogio, quello dell’artista, a una natura forte e selvaggia, mutevole e versatile, capace di riconfigurarsi a seconda dei cambiamenti che interessano il nostro mondo.
Tanto che l’interrogativo finale di Simeti sembra essere: l’uomo, come le piante, sarà in grado di adattarsi ai mutamenti determinati dalle sue stesse azioni?
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